L’Europa del sociale … un impegno da sostenere

di Giuseppe Roma.

Una campagna elettorale centrata sul consenso interno ai singoli Stati ha mostrato, specie in Italia, disinteresse verso tanti programmi messi in cantiere dall’Ue che sarebbero, invece, da proseguire o migliorare. Quella europea è la scala giusta non solo per affrontare problemi a forte interdipendenza come ambiente o innovazione, ma anche questioni cruciali del nostro tempo come gli impatti della globalizzazione sulla sfera sociale. Ciò vale, in particolare, per la crisi demografica, il depauperamento del ceto medio, la scarsa domanda di lavoro, il disagio giovanile, la crescita delle diseguaglianze. E’ del tutto illusorio pensare di affrontare questioni epocali come queste rinchiudendosi nei confini nazionali o addirittura addossando all’Europa colpe che non ha. L’Ue negli ultimi anni, ha, infatti, cercato di affrontare il disagio sociale sia sul piano dei principi che su quello degli interventi concreti.

Con il Consiglio di Goteborg del novembre 2017, si è arrivati alla definizione di un “Pilastro europeo dei diritti sociali” che contiene 20 principi cui gli Stati membri dovrebbero fare riferimento nel rivedere la legislazione nazionale. Le materie interessate riguardano pari opportunità, accesso e condizioni di lavoro, protezione sociale e inclusione. Anche le più recenti prese di posizioni (del marzo scorso) delineano quali nuove frontiere dell’Unione l’innovazione e il sociale. Le sfide strategiche riguardano invecchiamento, diseguaglianze e migrazioni, insieme alla crescita delle competenze del capitale umano, la digitalizzazione e le applicazioni dell’intelligenza artificiale. Quanto agli interventi concreti non possiamo dimenticare il Fondo Sociale Europeo (Fse), operante da diversi decenni, che ha offerto al nostro paese metodologie e risorse a supporto della formazione, dell’occupazione e dell’inclusione sociale.

Il contributo europeo all’Italia per l’Fse, previsto per il periodo 2014-2020, è stato pari a 10,2 miliardi, a fronte dei 7,5 miliardi stanziati per la Germania e 5,6 miliardi per la Francia, paesi più grandi e che versano maggiori contributi alla cassa comune. Per il prossimo periodo 2021-2027 l’intervento sociale verrà ulteriormente rafforzato accrescendo le risorse fra l’altro per la disoccupazione giovanile, per Erasmus, per i controlli alle frontiere e l’integrazione dei migranti. I finanziamenti complessivi al nostro paese per il prossimo ciclo di programmazione passeranno da 34 a 43 miliardi. A corto di competenze e conoscenze su quanto si fa in Europa, dai pifferai alla ricerca di voti si arriva al massimo a ipotizzare un salario minimo europeo, forse ignorando che già esiste in 22 Stati membri e che la materia salariale è competenza nazionale e non comunitaria. Faremmo bene a restare saldamente agganciati alla dimensione europea, che pur con tutti i limiti, è l’unica che ci consente di resistere alle tempeste del mondo globale.

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