Se i sondaggi fossero voti

di Giuseppe Roma

Il peso dei sondaggi elettorali nel gioco politico è enorme, quasi da sostituire, nella dialettica istituzionale, il peso effettivo dei partiti all’interno del Parlamento. Il confronto fra le percentuali attribuite alle diverse forze politiche non tiene, tuttavia, conto della consistenza di chi effettivamente esprime un’intenzione di voto, cioè delle cifre assolute. In altri termini, per monitorare l’andamento del consenso sociale ai partiti si dovrebbe tener conto della base dei voti espressi. Riferendo, ad esempio, i dati percentuali rilevati da Ipsos al numero di potenziali votanti, si scopre un calo piuttosto consistente del favore dell’opinione pubblica nei confronti della maggioranza di governo. Partiamo dagli aventi diritto al voto per la Camera (elezioni 2018) pari a 50,8 milioni di cittadini. Nel sondaggio del 4 ottobre 2018, il 64,9% ha espresso un’intenzione di voto, in quello del 9 maggio 2019 tale quota è scesa al 58%. L’area del non voto passa, quindi, da 17,8 a 21,3 milioni, confermandosi con il 42% la maggiore espressione di dissenso o incertezza politica del nostro paese. La base dei potenziali votanti è diminuita, nello stesso periodo, da 33 a 29,5 milioni.

Contando le “teste” e non le percentuali, il calo di consenso dei partiti appare evidente, in particolare per quelli di governo. La Lega, che in ottobre attraeva 11,1 milioni di potenziali elettori, cala a 9,1 milioni, i 5 Stelle, da 9,4 milioni scendono a 7,3. I partiti al potere, governando, hanno perso il consenso di 4,1 milioni di aventi diritto al voto. In leggera diminuzione Forza Italia (da 2,6 milioni di ottobre 2018 a 2,3) e in leggero aumento il Pd (da 5,7 a 6 milioni) mentre risulterebbero quasi triplicati i teorici votanti per FdI da 800mila a 1,7 milioni. Naturalmente le assemblee parlamentari (nazionali o europee) si formano sulla base di chi va a votare, ma se i sondaggi registrano anche il sentiment del corpo sociale non si può che rilevare un certo distacco dell’opinione pubblica verso quelle forze politiche che, subito dopo le elezioni del marzo scorso, avevano registrato uno straordinario balzo in avanti della fiducia popolare.

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