Le diverse vite dei progetti urbani. Mai tanto lontani dalla Cina … e da Parigi

di Andrea D’Antrassi, Associato dello studio MAD Architects Pechino.

Come associato dello studio MAD architects di Pechino, ho avuto l’opportunità di essere coinvolto in numerosi progetti sia asiatici che europei e da questa posizione ho potuto assistere alle diverse “vite” che può avere un idea architettonica e la sua realizzazione in varie aree del mondo.
Come è noto in Cina la progettazione e l’esecuzione di nuove costruzioni hanno tempi molto compressi. La società vive un rapido sviluppo, e per assecondare la mutazione dei centri urbani ed una domanda sempre in crescita, i developers e soprattutto i progettisti si trovano ad operare con tempistiche molto ristrette.
Spesso mi è capitato, guidando il mio team a Pechino, che il programma del progetto subisse delle variazioni qualitative e quantitative in corso d’opera e nonostante questo il committente rimanesse fermo nella tabella di marcia prestabilita, spesso prendendosi la responsabilità di aprire il cantiere quando ancora il progetto non aveva una sua compiutezza e non era del tutto risolto.
Nella terra di mezzo tutto è possibile. Tra la comunità di architetti stranieri che affollano Pechino o Shanghai, c’è un modo di dire paradossale ma non troppo lontano dalla realtà “da un rendering possono tirare su un grattacielo”. Affermazione sicuramente azzardata ,ma che rende bene l’idea di come tutto l’approfondimento progettuale, impiegato dalla maggior parte degli architetti europei , venga spesso sostituito, in molti paesi asiatici da un pragmatismo che porta alla realizzazione di interi quartieri e pezzi di città in pochi mesi o in brevissimi lassi di tempo. Da ciò deriva la scarsa riconoscibilità di molte megalopoli del continente asiatico che mutano radicalmente il loro aspetto e la loro vocazione nel giro di decenni e frequentemente anche con il trascorrere di pochi anni.
La differenza sostanziale che divide le due realtà sembra principalmente una: mentre nel vecchio contenente si costruisce ancora con l’anelito di sfidare il tempo e quindi si realizzano opere a cui si chiede di durare se non per l’eternità almeno per secoli, in Asia e soprattutto in Cina, le costruzioni devono rispondere soprattutto alle esigenze di cicli economici e sociali che durano lo spazio di poche generazioni.
Discorso diverso è quello che ho provato nel lavorare sempre con lo stesso studio per due progetti che ci siamo aggiudicati in Europa: uno a Roma e l’altro a Parigi. Nonostante entrambi i progetti siano stati vinti tramite concorso più o meno nello stesso periodo (nel biennio 2010/2012), e nonostante entrambi, avendo lo stesso programma residenziale, abbiano vissuto dei momenti di stallo dovuti alla crisi economica e all’ iter burocratico, l’intervento che realizzeremo in Francia andrà in cantiere a breve, mentre quello che avevamo concepito per Roma vive un’agonia lunga anni che non si sa ancora come verrà risolta.
Il contesto francese sembra molto più propenso ad accogliere opere di architetti contemporanei che non la realtà italiana. Sembra una banalità, sentita molte volte, ma è così.
Sin dall’inizio nel caso francese l’amministrazione della città e gli uffici competenti sono stati coinvolti nel processo progettuale e si sono mostrati convinti sia della buona riuscita di tutte le fasi procedurali propedeutiche al cantiere, sia degli esiti positivi che sarebbero stati innescati dall’ operazione di real estate riguardante il primo progettista cinese che opera a Parigi dopo la piramide del Louvre di Pei.
Nel caso di Roma invece ogni parere di un ufficio comunale, ogni conferenza dei servizi viene vissuta con ansia ed indeterminazione. Dopo ogni appuntamento con l’amministrazione non si sa mai se il progetto potrà uscire integro o stravolto. Tutte le parti coinvolte si accingono all’iter progettuale non potendo fornire date certe sul progresso dei lavori, perché spesso ci si perde nel ginepraio di leggi e codici che regolano non solo le nostre vite ma anche la crescita, un po’ disordinata e caotica, delle nostre città. Lascio solo immaginare le mie difficoltà da Project Manager nello spiegare ai partner cinesi i continui stop che il nostro intervento ha subito in sei anni. Per chi è abituato ad operare in un paese, come si è detto, in cui si costruisce con estrema facilità, il sistema italiano sembra a dir poco non efficiente.
In conclusione l’opera che il mio studio sta per firmare a Parigi andrà in cantiere alla fine di ottobre 2016 e la sindaca di Parigi Anne Hidalgo ci ha appena chiesto uno schizzo firmato del concept architettonico che andrà a corredare la candidatura di Parigi alle Olimpiadi del 2024, come esempio delle nuove architetture di cui si doterà la città nei prossimi anni. A Roma non sappiamo ancora se il nostro progetto sarà mai realizzato in che modalità, ed in che forme. Come tutti sanno inoltre, abbiamo appena rinunciato alla candidatura olimpica

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