Ricostruire gli edifici con una strategia per ridare forza alle comunità

di Giuseppe Roma.

E’ sorprendente quanto il nostro Paese sia sottoposto alla forte pressione di eventi catastrofici. Qualcosa che supera i pur presenti, fenomeni derivati dai cambiamenti climatici.Eppure, nel mese di ottobre con il terremoto di Norcia, nel mondo, altri due sismi hanno superato la magnitudo 6.5, in Nuova Guinea e in Indonesia.In complesso, nei primi dieci mesi dell’anno, i terremoti con intensità eguale o superiore a quello dell’Italia Centrale sono stati 34, nel 2015 ben 61. Epicentri localizzati sott’acqua o a elevata profondità non danno sempre luogo a catastrofi umanitarie di grandi proporzioni, grazie alla lontananza da aree abitate.
Tuttavia intensità ancora più distruttive possono essere gestite opportunamente attraverso un’opera di prevenzione e di adeguamento delle costruzioni ai rischi sismici.L’esempio ce lo danno paesi come il Giappone dove nel 2011 si è registrata un sisma di magnitudo 9 e del 7.8 nel 2015.Anche in Cile nel 2010 un terremoto ha raggiunto il valore di 8.8 della scala Richter e nel 2015 di 8.3. Il valore massimo raggiunto in Italia è stato pari a 7.9 e si è registrato in Calabria nel 1905.
In qualche modo la prevenzione consente di affrontare adeguatamente i fenomeni naturali. Santiago del Cile è certamente una delle grandi città più soggette a terremoti, eppure l’aver assoggettato gli edifici a modalità costruttive di sicurezza consente un ordinario sviluppo urbano.Anzi i cileni sfidano la sismicità del territorio addirittura realizzando diversi grattacieli: il Titanium raggiunge i 192 metri d’altezza e il più recente Costanera Building di 300 metri.
La situazione italiana è diversa, anche per la presenza di un rilevante patrimonio storico artistico.La Basilica di San Benedetto e le numerose chiese distrutte dal terremoto di Norcia vanno ricostruite, pietra su pietra, per il loro valore simbolico ancor prima che per quello artistico o architettonico. Il terremoto non ha distrutto il “corpo” della città (le case pur disastrate sono in piedi), ma la sua anima, il senso della comunità con i suoi simboli. E qui oltre alla tecnica servono strategie più complesse.
Delle tre fasi connesse alla gestione del rischio sismico, abbiamo sviluppato una rilevante capacità a immediato ridosso dell’evento – quella dell’emergenza – mentre restiamo indietro soprattutto nella prevenzione, che viene prima, mentre in quella della ricostruzione, abbiamo forti competenze nel restauro degli edifici, meno nelle strategie per riportare in vita le comunità.
La messa in sicurezza preventiva, quindi, non può semplicemente ricalcare l’edificazione esistente, ma ripensare, ricucire ed eventualmente ricostruire ex novo, a seconda delle condizioni di partenza. Una cosa è il tessuto storico, altro è il territorio costruito non sempre nei modi più corretti.
Il terremoto umbro-marchigiano pone una questione specifica: come attivare la ricostruzione fisica senza disgregare le comunità, come operare simultaneamente per la rinascita residenziale e per quella produttiva. Norcia, non è solo turismo. E’ una “food valley” che ha già sviluppato un agro-alimentare di qualità (tartufo, prosciutto, lenticchie, formaggi) rinnovando un marchio di lunga tradizione, la “norcineria”. Un’attività che non solo deve mantenere aperti i battenti, ma va rilanciata, nell’immediato, perché da lì può riprendere un meccanismo vitale per una comunità attiva, magari accampata nei container nei primi mesi, ma motivata pragmaticamente a ricreare tessuto sociale.
Il centro storico di L’Aquila sta progressivamente riacquisendo le sue forme, i restauri vanno avanti ed è più bello di prima del sisma. Ma di cosa vivrà una città di 70mila abitanti, una volta rifatta “com’era e dov’era”? E i borghi già disastrati dall’abbandono prima delle scosse distruttive, come possono ritornare a nuova vita? La specialità del nostro territorio, che racchiude ricchezze inesplorate anche nelle aree interne, richiede una strategia specifica per operare insieme sul restauro degli edifici e sul rilancio delle attività. La grande filiera agricoltura di qualità, cultura, accoglienza turistica può essere la vera novità.

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