La questione dei taxi, mai risolta perchè mal affrontata

di Giuseppe Roma

Emergenza taxi, interminabili file alle stazioni, impossibile trovarne uno se non dopo lunghe attese, anche le applicazioni telematiche non riescono a far fronte alle richieste. La situazione critica deriva dalla straordinaria ondata di turisti che si va a sommare alla ordinaria domanda dei residenti effettivi -stabili o temporanei – nelle grandi città, in numero molto superiore a quelli ufficialmente censiti. La soluzione da molti auspicata è di aumentare l’offerta e liberalizzare il mercato per accrescere la concorrenza. In questa ricetta rientra anche l’apertura ai servizi Uber o simili, in modo da stimolare sempre di più la competizione. Nulla da eccepire, anche se alla prova dei fatti la soluzione liberista non ha mai veramente funzionato per i servizi di pubblica utilità.

Ad esempio, applicare logiche di prezzo basate solo su domanda e offerta tipo Uber, porterebbe, nell’attuale situazione, a moltiplicare molte volte il costo della corsa rispetto alla tariffa comunale (come si può agevolmente verificare). In effetti, l’offerta di mercato non è solo in relazione al numero di taxi, ma al numero di corse disponibili nell’arco di un turno, ovvero della numerosità di auto libere rispetto ai fabbisogni. E, quindi, oltre al numero di operatori entra in gioco la durata di ogni corsa che si allunga a causa della congestione del traffico. Ed è quello su cui si dovrebbe operare, anche nell’emergenza, realizzando un piano straordinario di corsie preferenziali, riducendo i permessi d’accesso e facendo rispettare le Ztl, regolando percorsi e parcheggi dei bus turistici, evitando lo stazionamento ovunque di auto private, van dei noleggi con conducente, furgoni che ingombrano le carreggiate. Se non si riduce drasticamente il volume di auto circolanti nelle aree nevralgiche delle città, difficilmente si verrà a capo di una questione tanto legata al modello di gestione dell’intero sistema di mobilità metropolitan

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