I dolori della (non più) giovane Merkel

di Giuseppe Roma

L’Europa non può più vivacchiare. Non c’è da stupirsi se anche in Germania abbia spazio, con alterne fortune, una terza variegata area di consenso politico, espressione di paure, malessere e chiusura verso l’esterno. Come mostrano anche i risultati nella pur limitata prova elettorale parziale di domenica, la protesta va al di là delle condizioni di vita o delle ideologie prevalenti. E’ il partito del “no” che tenta di sfuggire alle difficili problematiche dell’oggi, tentando la carta dell’arroccamento sull’esistente.

Queste sconfitte in casa sua dovrebbero suggerire alla cancelliera Merkel anche una messa a punto delle politiche europee, dove continua a esercitare un’indubbia leadership. L’opinione pubblica europea è in rivolta perché si sta sgretolando progressivamente il senso di protezione sociale che in passato ha caratterizzato l’integrazione continentale. Come giustamente ha affermato il Nobel dell’economia Michael Spence, globalizzazione e tecnologie digitali rendono ineluttabile il peggioramento delle condizioni soprattutto del ceto medio e rendono più acute le diseguaglianze. Solo politiche adeguate possono mitigare un tale effetto negativo e ridare fiato alla crescita.

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