di Giuseppe Roma.
Non verrebbe in mente a molti che il “green new deal”, incluso nel programma di governo, si possa realizzare semplicemente detassando l’acquisto di cibo o detersivi sfusi, e persino il recapito a domicilio di questo tipo di spesa. E’ anche dubbio che possa aver successo un bonus di 2 mila euro per sostituire un’utilitaria, magari un po’ vecchiotta, con un autobus che devi aspettare più di mezz’ora e che potrebbe anche non passare, a causa di guasti, incendi o forature. Si tratta di provvedimenti certamente utili a orientare i comportamenti dei cittadini, ma complementari a un’azione pubblica in grado di modernizzare in modo eco-sostenibile i servizi di trasporto o di smaltimento dei rifiuti.
Il cosiddetto decreto clima resta in stand by per problemi di copertura finanziaria. Ma sarebbe bene riflettere sull’efficacia del semplice meccanismo degli incentivi o della tassazione punitiva in un paese dove è carente o confusa l’azione primaria delle pubbliche istituzioni nel migliorare i servizi, imporre e far rispettare regole di comportamento. Gli incentivi ecologici hanno anche avuto una funzione anti ciclica per aiutare settori industriali in difficoltà, come attualmente per le ristrutturazioni edilizie, gli arredi o le cucine. Ma anche in questo caso, il bonus fiscale è arma a doppio taglio. Quando l’allora Fiat fu criticata per aver spinto sulla rottamazione delle auto inquinanti, se non sbaglio fu proprio Romiti a ribadire il significato congiunturale del provvedimento, il cui principale effetto era di anticipare una domanda che sarebbe venuta a mancare negli anni successivi. Quindi, la difficile opera di realizzare tram e metropolitane, centrali di compostaggio, far girare ogni giorno autobus efficienti e rapidi etc. è la via maestra per la sostenibilità, che non può essere aggirata da virtuosissimi e condivisibili misure di incentivazione comportamentale.