Senza città la crescita langue

Oltre ogni diversa congiuntura economica o politica, i tassi di crescita dell’Italia nell’ultimo ventennio hanno registrato valori in media costantemente più bassi rispetto agli altri grandi paesi europei. Ne è prova anche la più lenta capacità di recupero rispetto alle crisi finanziarie dell’ultimo decennio. Al 2017 il Pil italiano registra ancora -5% rispetto a quello del 2008, mentre il Pil dell’area dell’euro è cresciuto del 6,2%, la Germania marca un +12,3%, la Francia +8% e persino la Spagna il +2,8%. Molte e diversificate sono le spiegazioni di un tale divario: ragioni di tipo macro-economiche, inefficacia o insufficienza delle riforme, cattivo funzionamento dei meccanismi di mercato, ruolo inappropriato delle istituzioni etc. Senza entrare nel merito di un dibattito tanto complesso quanto scarsamente incidente su una concreta inversione di tendenza, si intende porre in evidenza come l’affievolirsi, in Italia, di una componente importante dei sistemi economici avanzati – la riqualificazione delle città e gli interventi infrastrutturali – si rifletta negativamente sui tassi di sviluppo, oltre a determinare un diffuso disagio sociale e, ora possiamo aggiungere, uno stato di rischio per l’incolumità pubblica. Il testo approfondisce il ruolo del territorio nell’economia, a partire dalla funzione delle città come centri di spinta per l’innovazione e per le relazioni, alle loro trasformazioni e conseguente ammodernamento delle infrastrutture fino alla rigenerazione delle periferie urbane

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