Quanto conta la nuova geografia produttiva del Paese nel PNRR?

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), da tutti giudicato decisivo nel determinare il futuro del nostro Paese, corre il rischio di sviluppare un’insufficiente spinta alla crescita per aver riservato scarsa attenzione alla variabilità nella geografia dell’Italia. E’ la lettura che emerge dallo Short Paper realizzato dalla RUR “Quanto conta la nuova geografia produttiva del Paese nel PNRR?”
Gran parte dei ministeri, infatti, stanno approntando i bandi per le diverse azioni che vedranno impegnate regioni, comuni e imprese. L’avvio effettivo dei progetti è previsto per il primo semestre del 2022. L’organizzazione amministrativa procede rafforzando vertici e organici, indicando tempi e fasi, preparando le strutture necessarie a rendicontare le spese. Allo stato, tuttavia, non pochi interventi a domanda diffusa non hanno chiaramente definito obiettivi specifici e risultati attesi. In particolare, manca un inquadramento di contesto in grado di modulare le azioni sulla base delle notevoli differenze territoriali esistenti in Italia. Molti dei validi economisti al governo, a partire dal Presidente Draghi, avranno memoria dell’unico tentativo organico di programmazione economica nella storia repubblicana, quella che ebbe come protagonista Giorgio Ruffolo alla fine degli anni ’60, la cui lungimiranza non mancò di affiancare al Piano anche le sue Proiezioni Territoriali. Bene la riserva del 40% degli investimenti da collocare al Sud, ma forse sarebbe utile una maggiore aderenza all’’attuale struttura del paese.

Scarica lo Short Paper

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