Le infrastrutture non decollano

di Giuseppe Roma.

Nuova firma dell’accordo per il progetto Bagnoli: a 35 anni dalla “dismissione”, mirabilmente descritta da Ermanno Rea, e dopo inenarrabili vicende non si può che sperare nel successo di questo ennesimo tentativo di ripartenza. Più in generale, migliorano le stime di previsione per il Pil 2017, ma non decollano gli investimenti infrastrutturali. L’ Ance, l’associazione dei costruttori, nel suo l’Osservatori congiunturale rivede al ribasso l’andamento degli investimenti in costruzioni per il 2017. Si passa da un +0,8% di gennaio a uno striminzito 0,2% di fine luglio. Sono rimasti sulla carta gli effetti del superamento del Patto di Stabilità interna, della ricostruzione post-terremoto, del Piano periferie, del Fondo per lo sviluppo e gli investimenti infrastrutturali. Negativo in aprile l’indice Istat della produzione edilizia. Nella crisi il valore aggiunto delle costruzioni è sceso in Italia da 86 a 71 miliardi di €, in Germania dagli 87 miliardi 2007 è passato a 135 del 2016.

Gli effetti negativi sull’andamento generale dell’economia sono evidenti. Infatti, il 68% del fatturato edilizio si tramuta in domanda di beni e servizi prevalentemente nel mercato interno, visto che le importazioni incidono solo per il 3%. La RUR, istituto specializzato in economia urbana, ha stimato che il BuildMate, ovvero il comparto della componentistica industriale per l’edilizia (dagli ascensori, al legno, alle piastrelle etc.) rappresenta il 25% dell’occupazione manifatturiera, e che se migliorasse la qualità delle costruzioni residenziali e delle opere pubbliche, potrebbe contribuire significativamente alla crescita del Pil fino all’ 1% in più. Ma un tale risultato richiede radicali cambiamenti. Le grandi città (ad eccezione di Milano) non attraggono investitori e non mettono in cantiere interventi innovativi e multi funzionali, la rigenerazione di aree degradate non passa le forche caudine dei mille poteri burocratici, le opere infrastrutturali sono poche, costano tanto e si realizzano in tempi biblici. Quello che resta è un’edilizia al ribasso, iper frammentata, a volte poco professionale, dove, a scapito di imprese serie ed efficienti, hanno spazio piccole squadre improvvisate o indicibili affaristi. Troppo poco per aiutare la ripresa.

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