La riscossa dei corpi intermedi

di Giuseppe Roma.

Al Viminale magari qualche incontro fra sindacati e Confindustria ci sarà pure stato, quando il palazzo ospitava il presidente del consiglio oltre che il ministro degli interni. Dopo il trasferimento della presidenza a Palazzo Chigi, nel 1961, c’è da credere che, al Viminale, gli unici tavoli sindacali abbiano coinvolto i rappresentanti della polizia o dei vigili del fuoco. Inoltre, la Sala Verde di Palazzo Chigi, luogo deputato a questo genere di convocazioni, ha ospitato incontri fra le organizzazioni, talvolta anche numerosissime, e i rappresentanti del governo competenti per le materie da discutere, magari di diversi partiti. Nella recente riunione presso il ministero dell’Interno, al contrario, gli interlocutori istituzionali erano di un solo partito, ma con responsabilità sia nell’ambito del potere legislativo che in quello esecutivo, funzioni che già Montesquieu consigliava di mantenere separate. In questa fase politica non si va tanto per il sottile.

C’è, però, un’altra novità. Dopo un periodo di marginalizzazione, tornano protagonisti i corpi intermedi. Una ritrovata autorevolezza delle organizzazioni maggiori, il rinnovamento di quelle intermedie, i successi delle manifestazioni sindacali indicano il protagonismo delle organizzazioni di rappresentanza. Soprattutto il governo Renzi rese esplicita la volontà di ridimensionare ogni forma di intermediazione fra cittadino e Stato, e, con la Legge di Stabilità 2016, il drastico taglio ai finanziamenti di Patronati e Caaf, sembrò un tentativo di prosciugare le fonti di finanziamento di sindacati e organizzazioni datoriali. Ma così non è stato. Oltre all’attuale corteggiamento da parte della politica, ne è prova anche una loro capillare presenza nei luoghi di lavoro. Secondo un’elaborazione del think tank Rur, nel periodo 2015-2018, sono stati firmati oltre 39.000 contratti di secondo livello, in media uno ogni 310 lavoratori dipendenti, con valori massimi in Veneto ed Emilia Romagna. Tenuto conto che le imprese con più di 50 dipendenti sono circa 27.000, vuol dire che la contrattazione aziendale e territoriale coinvolge anche aziende minori. E per firmare accordi è indispensabile essere rappresentativi. Nei contratti decentrati costituisce uno dei principali contenuti il welfare (salute, scuola, asili, trasporti etc.) a significare una sensibilità delle parti sociali verso i bisogni personali e familiari dei lavoratori. Non a caso anche gli economisti di Ocse e Fmi ritengono che il dialogo sociale fa bene alla crescita e alla produttività e in Italia la ritrovata vitalità dei corpi intermedi è ancora più significativa nelle regioni del Nord che fanno da locomotiva all’intero paese.

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