La rincorsa di Bologna e il buco nero di Roma

di Giuseppe Roma

Puntuale come le tasse arriva a fine anno la classifica del Sole 24 ore sulla qualità della vita nelle province italiane. Una pregevole analisi che attraverso alcune decine di indicatori formula una serie di graduatorie col sistema dei punteggi. Un metodo semplice che, per la disponibilità dei dati, deve utilizzare come unità di riferimento la vituperata provincia, anche se poi tutti discutono di benessere nelle città capoluogo. Così, i dati riferiti a Milano, proclamata regina quest’anno, riguardano una Città Metropolitana di 3,2 milioni di abitanti di cui 1,3 milioni vive nel capoluogo e i restanti 1,9 nei 133 comuni dell’hinterland. Bolzano, seconda classificata, è addirittura ente a statuto speciale, come le successive Aosta e Trento. Pur con la prudenza necessaria, tuttavia, il rating di quest’anno segna una rilevante novità.

Nell’Italia delle cento città e della provincia felix, le migliori condizioni per vivere si ritrovano a Milano, maxopoli estesa e densa, grande capitale economica e culturale. Una metropoli che ha saputo trasformare la sua base produttiva, che ha rigenerato il suo tessuto urbano con progetti di elevata qualità, secondo uno schema europeo, che ha dato continuità all’azione amministrativa sulla base di una strategia condivisa dalle forze politiche. Un processo di sviluppo capace anche di moltiplicare fondazioni e istituzioni culturali, oltre che le linee di metropolitana. Milano, corre solo il rischio di voler strafare, di attrarre tutto il buono dell’Italia nel suo perimetro: finanza, ricerca, alta formazione, creatività, lusso, arte, cinema, architettura, artigianato, istituzioni, eventi internazionali e sportivi. Una vera capitale in quello che rischia di diventare un deserto, se anche gli sforzi pubblici premieranno solo la sua efficienza.

La conferma del cambiamento di gerarchie viene anche dall’avanzata di Bologna, al settimo posto, ma in pratica molto vicina alla vetta se escludiamo il cuscinetto alpino delle province a regime speciale. A Bologna si manifesta meno gigantismo, ma anche meno isolamento, è città-locomotiva che procede portandosi dietro una delle regioni più produttive d’Italia dove ai settori di tradizione si aggiunge il polo dell’automotive e delle tecnologie avanzate. All’appello manca Roma, che pure risulta incredibilmente in miglioramento, in quanto brilla per depositi pro-capite, per rendita immobiliare, per spettacoli e per onlus (non si sa se finalizzate alla solidarietà o alla caccia di finanziamenti pubblici). Quasi nulla in termini di innovazione, di tecnologie, di servizi avanzati, di relazioni internazionali. Una capitale salvata da un impietoso giudizio solo perché l’analisi non prevedeva indicatori su mobilità, pulizia, governo pubblico e responsabilità dei ceti dirigenti. Fattori che provocano l’esasperazione dei cittadini e la fuga degli investitori.

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