La meteo-geologia mette ko l’Appennino

di Giuseppe Roma.

In queste ore “Central Italy” è la località più segnalata nei resoconti dei sismografi che monitorano i movimenti tellurici nel mondo. Il 18 gennaio l’Italia Centrale è segnata in rosso per tre volte avendo registrato i valori più alti in assoluto. Contestualmente scosse di magnitudo superiori a 4 si sono verificate in Cile, India, a Salta in Argentina, nel Sud Iran, nel Niger, a Cuba (5.7), in Indonesia, a Taiwan etc. Un fenomeno naturale, quindi, molto diffuso. Se all’uppercut sismico si aggiungono i duri colpi di una straordinaria ondata di vento, freddo e neve il rischio di andare al tappeto, per molti comuni appenninici, è reale. Una situazione pesante cui stanno rispondendo ottimamente le strutture d’intervento, che stanno fronteggiando un’emergenza più grave in Italia rispetto al resto d’Europa. Dovremmo comunque evitare il rischio della psicosi (come è successo a Roma), quasi anche dalla natura ci stia arrivando, amplificato dai media, un messaggio terrorizzante, da sommare alle già tante paure cui siamo oggi siamo soggetti.
Clima e sisma sono due fattori su cui, oltre l’emergenza, è indispensabile l’impegno di politica e istituzioni, con la responsabilizzazione dei cittadini. Nella reazione a caldo non possiamo che rilevare l’abnegazione e l’efficacia dei diversi corpi dello stato, come pure la solidarietà dei cittadini. Non altrettanto si può dire delle azioni strutturali, di medio periodo, in grado veramente di migliorare la precaria situazione attuale. Per ritardare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici e attenuare i rischi dei terremoti è necessaria visione, strategie e organizzazione. Bisogna mettere in relazione gli effetti distruttivi sul clima delle emissioni prodotte da un’eccessiva densità di auto, con le beghe e gli imbrogli che impediscono, nelle nostre città, di realizzare efficienti reti di trasporto pubblico. Serve superare gli interessi corporativi che rallentano l’innovazione tecnologica anche in termini di sicurezza sismica degli edifici e di risparmio energetico. E poi, la dittatura burocratica, gli sprechi e le lungaggini con cui risorse finanziarie si trasformano in opere, rischiano di produrre tardi e male, gli interventi necessari. E’ un pezzo decisivo e concreto delle cosiddette riforme.

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