Italiani e tecnologie – Le paure a trent’anni da Chernobyl

Tutti ricordiamo il disastro di trent’anni fa che ha comportato l’uscita dell’Italia dalla produzione di energia nucleare. Una liberazione per gli anti-nuclearisti, un errore per i fautori dello sviluppo economico e scientifico. Pochi, tuttavia, rammentano che il riscatto energetico del nostro Paese, promosso da Enrico Mattei, comprendeva anche l’utilizzo del nucleare. Fra il 1958 e il 1962 l’Agip Nucleare guidata da Gino Martinoli (figlio di Giuseppe Levi biologo e maestro di tre premi Nobel, fratello di Natalia Ginzburg e fondatore del Censis) realizzò la centrale d Borgo Sabotino, vicino Latina. Nei primi anni ’60 solo l’Italia si affiancava a Stati Uniti e Regno Unito nell’uso pacifico del nucleare. Inoltre, con 200 MWe istallati, l’Italia era in Europa di gran lunga il primo produttore di energia da nucleare. Poi venne l’offensiva delle lobby, la morte di Mattei(1962) e l’arresto di Felice Ippolito presidente del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare(1964).
Ci sentiamo, ora, molto distanti da quegli anni ’60, quando eravamo nel mondo fra i più innovativi e fra i primi a sperimentare nuove tecnologie soprattutto in campo infrastrutturale: la stracelebrata Autostrada del Sole, ma anche la direttissima ferroviaria Roma Firenze e il Settebello embrione dell’Alta Velocità o i grandi bacini idrici del Mezzogiorno, riproposti poi in tutto il mondo.
Oggi siamo più affezionati all’importantissimo principio di precauzione, che, però, non ci aiuta tanto nel realizzare opere pubbliche più sicure ed efficienti, ma alimenta le nostre remore scientifiche e le nostre ancestrali paure. Salvo poi accollarci i costi di un precario utilizzo del territorio e di un pesante inquinamento. Con l’ironia di dover affrontare egualmente le conseguenze di un pur limitato uso del nucleare, dovendo comunque procedere al decommissioning di centrali costruite e mai usate o stoccare scorie attive per migliaia di anni, anche quelle che di elettricità ne hanno generato pochissima.
Giuseppe Roma

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