Contro i crolli degli edifici, più responsabilizzazione di tecnici e proprietari

di Giuseppe Roma.

Altri morti, i più recenti a Torre Annunziata, sotto le macerie di edifici collassati non per eventi sismici o per dissesto idrogeologico, ma per imperizia o cause tecniche che, ormai, si ripetono con una certa frequenza. Dopo le 67 vittime per il crollo, quasi vent’anni fa, di un palazzo in Viale Giotto a Foggia, sembrava che la sicurezza delle strutture abitative fosse diventato un tema di impegno politico e istituzionale. Negli atti parlamentari del novembre ’99 si trovano stime piuttosto accurate sul patrimonio a rischio, all’epoca risultato pari a 3,6 milioni di abitazioni di cui il 37% per vetustà e degrado, e il restante 63% per cause tecniche e obsolescenza funzionale. Visto il basso tasso di sostituzione del patrimonio edilizio nel periodo successivo, lo stato attuale difficilmente può aver segnato significativi miglioramenti. E’ necessaria una maggiore responsabilizzazione dei proprietari e dei residenti, come pure dei tecnici e delle imprese, molto spesso inidonee a mettere mano alla ristrutturazione del singolo alloggio. Una sensibilizzazione che si può ottenere forse più con check list da verificare prima dell’acquisto o della locazione che con un burocratico libretto del fabbricato. Anche l’ipotesi di un’assicurazione obbligatoria, a basso costo ma estesa a tutti (si stima in 100 € annui), potrebbe incentivare una maggiore cura dei fabbricati ed evitare di addossare alla collettività i costi derivanti dal dissesto.

E’, poi, indispensabile un maggiore rigore professionale nel mettere mano agli edifici – specie se ad alta vetustà – per singole ristrutturazioni, che rappresentano il modo ormai quasi esclusivo di alimentare il mercato immobiliare. Ogni 100 alloggi compravenduti solo 7 sono di nuova costruzione o di riqualificazione integrale, 93 su 100 sono immobili usati e da ristrutturare. Infine, è giusta la logica della rigenerazione urbana,ma deve comprendere l’abbattimento e ricostruzione di edifici a rischio strutturale e a elevati consumi energetici. Se veramente vogliamo ridurre il consumo di suolo, bisogna rinnovare il patrimonio esistente, con progetti di elevato contenuto tecnico senza aver paura, specie nelle periferie degradate, di disegnare nuove architetture che durino nel tempo. Come avviene in tutti i paesi europei, certo più ordinati ed efficienti di noi nel far rispettare piani e regole urbanistiche.

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