Con famiglie sempre più piccole … necessari più servizi collettivi

di Giuseppe Roma

Nell’audizione parlamentare sul Piano Strutturale di Bilancio, il presidente dell’Istat ha fornito un quadro aggiornato della situazione demografia del paese. Si conferma che grandi proclami governativi o accese proteste non hanno finora sortito tangibili effetti sul declinante andamento della popolazione italiana. Uno sfaldamento demografico determinato, come è noto, principalmente dall’effetto combinato di de-natalità e invecchiamento. La linea di azione più saggia e concreta dovrebbe intervenire soprattutto per mitigare gli effetti più negativi e rallentarne gli effetti sulla struttura sociale. I dati congiunturali per i primi sette mesi del 2024, registrati dall’Istat, vedono un limitato miglioramento del saldo naturale dovuto a minori decessi, ma un ridotto contributo dei flussi migratori, che porterà a un’ulteriore diminuzione dei residenti. Ma sono le previsioni di breve periodo a sollevare i maggiori interrogativi riguardo alla tenuta sociale complessiva. All’orizzonte del 2031 le famiglie formate da coppie e figli si ridurranno dal 30% al 27%, con un contestuale aumento dei singoli, delle coppie senza figli e dei nuclei monogenitoriali.

Sempre più italiani vivranno da soli, in una condizione – quella della solitudine – che è foriera di mille problemi non solo psicologici ma anche pratici. La scarsa socializzazione comporta rischi di sindromi depressive, con abuso di farmaci e conseguente maggiore pressione sulle strutture sanitarie. Inoltre, la tenuta del corpo sociale in Italia è sempre stata sorretta dalle reti di solidarietà familiare, che stanno pericolosamente venendo meno. Nuclei piccoli e con meno risorse non riescono più, come in passato, a far fronte alla carenza di strutture pubbliche ricorrendo a colf e badanti. Secondo la Fondazione Studi Consulenti del lavoro, fra 2021 e 2023 il personale di supporto domestico ha perso 145mila unità, e sono cresciute le famiglie, anche del ceto medio, piccole e monoreddito, che fanno fatica a sostenere questa spesa dal 22% di gennaio 2023 al 55% del luglio 2024. Mentre infuria una nuova battaglia fiscale, famiglie e singoli sempre più soli si chiedono se oltre al crollo demografico non stiano franando pure i servizi collettivi di cui cresce il bisogno. Almeno quelli che le tasse le pagano.

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