CITTA’ SLOW di giuseppe roma

Viviamo il tempo dell’accelerazione. Grazie alle tecnologie, l’informazione circola con grande rapidità, le persone si spostano ad alta velocità, la vita quotidiana e il lavoro richiedono una sempre più elevata produttività. E’ anche per il diffondersi di queste fenomenologie che la globalizzazione spinge rilevanti flussi di persone a spostarsi nelle maxopoli, con il rischio di un impoverimento dei territori a più bassa densità abitativa.

Quindici anni fa, per ripensare e contrastare le tendenze più contraddittorie che caratterizzano la nostra epoca dal punto di vista territoriale, alcune piccole città italiane fondarono insieme a Slow Food  un’associazione di sindaci particolarmente sensibili a tale problematiche.

Cittaslow è oggi una rete cui appartengono 182 città del mondo e  spontaneamente diffusasi in 28 paesi: gran parte di quelli europei e poi Cina, Corea del Sud, Giappone, Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, ecc. La rete francese comprende otto città fra cui Segonzac e Labastide d’Armagnac.

Cosa unisce culture tanto diverse? E modelli economici e politici tanto differenziati? L’idea fondamentalmente è che slow non rappresenti solo l’immediata contrapposizione a fast, ma sia qualcosa di più e cioè l’affermazione dei valori più profondi dell’umanità e della collettività. Per questo va dato il giusto valore al territorio, all’ambiente, al cibo, alle relazioni sociali, alle diversità culturali e attraverso un tale approfondimento far risaltare i valori più autentici di una comunità.

Le Cittaslow sono un luogo di sperimentazione possibile anche grazie alla loro dimensione (hanno meno di 50.000 abitanti), ma utili anche per governare il gigantismo urbano caratterizzato da diseguaglianze sociali e spesso da una cattiva architettura e scarsa attenzione allo qualità dello spazio pubblico.

Per appartenere alla rete bisogna infatti superare una valutazione relativa a numerosi parametri urbanistici, sociali e ambientali. Ambiente urbano e contesto rurale devono trovare reciproche forme di riconoscimento ed integrazione non solo a livello urbanistico, prevedendo ad esempio in città orti familiari e didattici, ma anche attraverso un’opportuna verifica dei processi di produzione e consumo. Molte delle città sono, infatti, legate a prodotti caratteristici del territorio, di cui si continua a preservare l’autenticità: prodotti agroalimentari, artistici o artigianali. A una tale logica è legata anche una spinta attenzione alla sostenibilità ambientale, realizzata attraverso un’avanzata gestione della mobilità, del trattamento dei rifiuti, nell’uso dell’energia, dell’acqua e in generale delle risorse naturali.

Particolare attenzione viene poi riservata al patrimonio architettonico, disponendo tutte città di una significativa area storica. Al recupero e  valorizzazione dei centri storici si accompagna nelle nuove architetture un profondo rispetto del contesto e della sostenibiltà.

L’attenzione alla storia e il risparmio delle risorse naturali non contraddicono tuttavia la risposta ai bisogni della comunità in termini di occupazione, sviluppo e relazioni sociali. Un effetto importante e immediato è l’accresciuta attrattività culturale e turistica. La tendenza di Cittaslow, quindi, è di creare comunità solidali e aperte, attrattive e dinamiche, in cui abbiamo cittadinanza i giovani, siano valorizzate le diversità di genere e culturali. Un intento che certo risulterà utile per ripensare anche il modello insediativo delle grandi metropoli.

Giuseppe Roma

Coordinatore del Comitato Scientifico internazionale

Di Città Slow

Twitter   @GiromRoma

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