Infrastrutture strategiche … con il rischio di restare al palo

di Giuseppe Roma.

La lunga marcia per assicurare all’Italia una moderna rete d’infrastrutture registra una nuova tappa con il decreto Semplificazioni che comprende 130 opere strategiche e il nuovo slogan “Italia Veloce”. Senza voler tornare troppo indietro, solo in questo secolo abbiamo assistito a diversi tentativi di sbloccare le opere pubbliche. La berlusconiana “Legge-Obiettivo” N.443 del 2001 prevedeva la realizzazione di 228 infrastrutture strategiche, negli anni lievitate fino a 390. Nonostante il meticoloso monitoraggio effettuato annualmente dalla Camera, non è agevole comprendere i risultati raggiunti nel lungo periodo di validità. Appena tre anni fa il ministro Delrio ha varato l’ambizioso programma “Connettere l’Italia”, più orientato alla sostenibilità, ciclovie comprese. Ora si apre un nuovo capitolo all’insegna della semplificazione resa più digeribile dall’emergenza virus. Rinnovati gli slogan e sbandierati investimenti da capogiro per centinaia di miliardi, restano comunque da realizzare i 25 chilometri della Campogalliano-Sassuolo, e il quadrilatero Umbria–Marche, la statale Jonica e così via.

S’invoca il modello Ponte di Genova, attribuendo alla sola componente derogatoria negli appalti, il fattore di successo di quell’intervento, che, invece, ha visto combinarsi diversi elementi: la scelta strategica di ricostruirlo, il consenso dell’opinione pubblica a seguito del tragico crollo, il progetto di un grande architetto, la disponibilità di budget, la sollecitudine nel definire il contenzioso senza sospensive e addirittura con l’intervento della Corte Costituzionale. Facendo tesoro di questa esperienza si dovrebbero seguire alcune semplici regole. 1) Deve essere chiara la differenza fra opere strategiche (la rete ferroviaria veloce, il 5G, gli aeroporti internazionali etc.) riconducibili ai 4 corridoi infrastrutturali europei cui partecipa l’Italia, le opere rilevanti nazionali e regionali, la manutenzione continua dell’esistente. Le opere, invece, si moltiplicano e dividono in piccoli lotti per accontentare gli elettorati, ma in modo effimero perché la competizione localistica e i piccoli passi rendono i tempi di realizzazione biblici. 2) La progettazione deve essere effettuata in modo competente e convincente, affrontando in anticipo i possibili impatti negativi. L’opinione pubblica va coinvolta prima di aprire i cantieri, rendendo espliciti i vantaggi delle opere per i territori. 3)Piani finanziari con disponibilità di risorse certe sono, poi, alla base di una programmazione certa dei tempi d’esecuzione. La qualificazione delle imprese dovrebbe comprendere anche l’affidabilità deontologica, penalizzando quelle che dovessero sistematicamente sollevare contenziosi privi di riscontro giurisdizionale. Gli investimenti in opere pubbliche sono decisivi per la ripresa. Pensare che commissari e revisione delle regole sugli appalti possano sconfiggere il male oscuro che da vent’anni e più blocca l’ordinaria realizzazione di infrastrutture, potrebbe rilevarsi insufficiente a determinare l’attesa svolta indispensabile al Paese.

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