Webuild, Astaldi e il sogno delle infrastrutture

di Giuseppe Roma.

Mentre non poche nubi si addensano in tutto il mondo su settori economici e grandi imprese, dall’Italia viene un segnale positivo e persino un po’ di ottimismo per il futuro. Con l’acquisizione di Astaldi, Webuild, nuova denominazione della storica Salini-Impregilo, rafforza la sua posizione come una delle più rilevanti imprese globali nel campo delle costruzioni. Il gruppo si stima consolidi un fatturato complessivo di oltre 9 miliardi di euro, che, in base alla classifica stilata da Construction Europe sui bilanci 2019, lo colloca fra i primi 10 operatori europei del settore, superando Saipem, unica altra azienda italiana presente nella top ten. Con un portafoglio ordini di 40 miliardi di euro, Webuild sembra destinata a crescere ulteriormente, facendosi largo in un mercato dell’ingegneria ora dominato dai colossi francesi e spagnoli.

Al primo posto, infatti, si colloca Vinci con 43,5 miliardi di fatturato e al terzo Bouygues con 35,5 miliardi. L’iberica Acs è seconda con 36,5 miliardi, ma ha da qualche anno acquisito il controllo della tedesca Houchfieg, quarta con 23,9 miliardi di euro. I vantaggi che il Paese potrà trarre da questa fusione sono molteplici. Solo una dimensione adeguata rende il settore edilizio propulsivo per lo sviluppo, in quanto capace di incorporare il progresso tecnologico, maneggiare gli strumenti gestionali e finanziari più avanzati, contribuire a una gestione sostenibile del territorio.

Webuild ha realizzato reti ferroviarie come il Metro Cityring di Copenaghen o il Gran Paris Express, e in Italia è ora impegnata nella tratta di collegamento veloce Verona-Padova. Accrescere il trasporto su rotaia costituisce un modo concreto di contrastare i cambiamenti climatici. Ma più in generale le grandi società d’ingegneria sono impegnate nel realizzare centrali energetiche con fonti rinnovabili o a idrogeno, invasi e acquedotti per preservare la risorsa idrica, o anche zero carbon building per ridurre le emissioni. Le dimensioni impongono, poi, una forte presenza all’estero che comporta una rilevante conoscenza e capacità di competere nei mercati internazionali.

Le imprese francesi e spagnole sono state fin qui avvantaggiate da un ricco mercato nazionale, che è mancato alle nostre, determinando una scarsità di infrastrutture e un troppo lento rinnovamento di quelle esistenti. Poter disporre di una grande azienda dotata del know how indispensabile a realizzare infrastrutture presto, bene e al giusto prezzo, costituisce un vantaggio che il governo non dovrebbe farsi sfuggire nel programmare i prossimi investimenti del Pnrr. Potrebbe venire da qui la spinta al rimbalzo del Pil, ma soprattutto finalmente una maggiore qualità della vita per i cittadini.

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