Una scossa al sud servirebbe al Paese

di Giuseppe Roma.

La presenza delle massime cariche dello Stato al forum di Sorrento sul Mezzogiorno, promosso dalla ministra Mara Carfagna, va interpretato come una ripresa d’attenzione per una questione scomparsa dal radar della politica nazionale. Un evento in continuità con la destinazione al Sud del 40% degli investimenti del Pnrr, una quota ritenuta indispensabile per conseguire la ripartenza della nostra economia. Le novità emerse dal convegno sono essenzialmente due: cercare di mutare la narrazione corrente sul Sud e ancorare le strategie di sviluppo a un disegno valido per l’Italia intera. Non si può che convenire sull’opportunità di liberare il Sud dai “pregiudizi di chi non lo conosce e dal disfattismo di chi lo abita” come ha affermato Carfagna. E’ importante promuovere un’azione vigorosa per superare gli egoismi territoriali manifestati da chi, specie nel Centro-Nord, crede di detenere il primato della produttività e non si accorge di quanto assistenzialismo si stia insinuando anche in quelle regioni. E al tempo stesso si deve superare il vittimismo di certo Sud che attribuisce tutti i mali al ridotto o mancato investimento pubblico assolvendo, nei fatti, le istituzioni regionali e territoriali da ogni responsabilità. E’, poi, largamente condivisibile la visione geo-strategica che affida al Sud lo storico compito di proiettare l’Italia nel Mediterraneo.

Purtroppo è un’enunciazione cui non è stato fin qui agevole far seguire iniziative concrete. Sono passati invano più di 10 anni da un’altra importante conferenza internazionale, promossa dalla Fondazione Roma a Palermo, dedicata proprio al “Mezzogiorno porta d’Oriente”. Oggi, tuttavia, la guerra costituisce una forte motivazione a occuparci seriamente della nostra collocazione internazionale e delle aree a noi più vicine. Bisogna riconoscere che nel quadrante mediterraneo non regna la distensione ma non possiamo chiamarci fuori dalle tante situazioni difficili, dalla Turchia, alla Siria, dal Libano alla Libia. Non c’è dubbio che il Sud abbia un’infinità di risorse, punti di eccellenza tecnologica e industriale, risorse umane di eccezionale valore che fanno grandi il Nord Italia e l’Europa, un patrimonio culturale straordinario, praticamente tutti i giacimenti archeologici fuori Roma, una posizione logistica invidiabile etc.etc. e tuttavia non bastano le sole risorse a generare benessere, e non sono sufficienti le eccellenze a produrre un tessuto produttivo diffuso. Ogni abitante del Mezzogiorno produce un valore aggiunto di 18.100 euro, nel Centro-Nord la media pro-capite è di 32.700 euro. Mentre il reddito disponibile pro-capite dei meridionali è pari al 68% di quello registrato nel resto del paese, il prodotto per abitante del Sud negli ultimi 70 anni, non si muove da più o meno il 56% rispetto a quello centro-settentrionale. Nessuna politica è riuscita finora a sbloccare questo rapporto che potrebbe migliorare solo se il Sud corresse un po’ più veloce del Centro-Nord, imprimendo al paese quella dinamicità che attendiamo da decenni. Dobbiamo essere convinti che questa svolta è possibile e sperimentare ricette nuove per realizzarla.

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