L’abbuffata degli incentivi auto … sulle spalle del contribuente

di Giuseppe Roma

Nel giro di poche ore i concessionari auto hanno opzionato quasi un miliardo di incentivi per l’acquisto di auto a basso impatto ecologico. Una “messa a terra” di un provvedimento governativo in tempi record che fa invidia alla proverbiale lentezza nel trasformare gli impegni di spesa in opere e servizi pubblici a favore di cittadini e imprese. La rottamazione fu inventata dalla Fiat di Romiti per dare impulso a un ciclo calante delle vendite di auto. Ma almeno, allora, le auto che si vendevano in Italia erano prevalentemente prodotte nel nostro paese da un grande gruppo nazionale. Ormai da anni non è più così. Nei primi cinque mesi del 2024 sono state vendute in Italia 726mila vetture, poco più del 15% (111mila auto) portano un marchio di origine italiana: Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Maserati, Ferrari. Persino nel gruppo Stellantis, cui appartengono, rappresentano meno della metà del venduto nel nostro mercato.

Sulla base dei dati relativi ai primi mesi del 2024, si può, inoltre, stimare che la produzione di autovetture realizzata in Italia nello stesso periodo (gennaio-maggio 2024) non superi le 180mila unità, ovvero meno di un quarto delle vendite. Le rottamazioni costituiscono anche un naturale aiuto per i conti dei fabbricanti, ma in questo caso i contribuenti italiani favoriscono in maggior misura i produttori stranieri. Certo, abbiamo una fiorente industria di componentistica che in modo indiretto può trarne qualche vantaggio. Tuttavia, aver ridotto l’Italia a fiorente mercato preda di gruppi collocati all’estero e limitare la partecipazione alla filiera con un ruolo subalterno di fornitori non è un gran risultato. Specie se questa situazione viene premiata con un impiego di un’ingente quota di spesa pubblica.

Ci restano i vantaggi ambientali, ma anche qui un po’ deludenti. Nei primi mesi del 2024 le nuove auto entrate in circolazione sono per il 31% alimentate a benzina e per il 14% a diesel; le ibride non ricaricabili rappresentano il 38% e quelle ricaricabili il 6%, il 9% va a metano e un risicato 3% è costituito da auto elettriche. In vario modo, pressoché tutti i nuovi veicoli si riforniscono di combustibili fossili. In compenso, strade e parcheggi saranno occupati da auto con rilevanti ingombri, maggiori di quelle rottamate e soprattutto avremmo incentivato il trasporto individuale, sempre più difficilmente compatibile con la fluidità degli spostamenti, specie nelle grandi aree urbane. Forse quel miliardo poteva essere meglio impiegato a far tornare l’Italia fra i grandi produttori di auto, partecipando da protagonisti al rinnovamento tecnologico di questa filiera guida per l’industria. Magari puntando su un’innovazione alternativa rispetto all’auto elettrica.

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