di Giuseppe Roma
Un nuovo disastro ambientale ha interessato il nostro paese colpendo una ragione come l’Emilia-Romagna che pure è fra le più attente alla pianificazione del territorio. Dispone, infatti, di un piano paesistico e di un piano territoriale regionale, strumenti per che dovrebbero servire a controllare e verificare l’edificazione e promuovere gli interventi necessari a mitigare i rischi ambientali. Nonostante ciò, purtroppo, abbiamo rivisto le scene che si ripetono con sempre maggiore frequenza in tanti territori italiani, e non solo. Strade, piazze, edifici sott’acqua per molti metri, vigili del fuoco in giro a salvare famiglie con i gommoni, fabbricati distrutti, abitati colpiti da frane. E, cosa più grave, paghiamo soprattutto un inaccettabile tributo in vite umane. Tendiamo a considerare i disastri ambientali come accadimenti eccezionali e forse è proprio un tale approccio che è indispensabile rimuovere, se effettivamente vogliamo tentare di ridurre queste tragedie. Frane e alluvioni non vanno considerati eventi estremi, ma ricorrenti e quindi meritevoli di un’attenzione continua. Intanto perché, come è noto, per la sua collocazione geografica e per la sua morfologia, l’Italia è particolarmente soggetta a questi rischi. Il 29,4% del territorio nazionale è soggetto ad alluvioni, con 21,5 milioni di abitanti di cui 2,4 a elevato rischio. Un pericolo che riguarda complessivamente oltre 2 milioni di imprese e 99mila beni cultura diventato continuo anche per l’accelerazione dei cambiamenti metereologici che stanno rendendo il clima del nostro paese sempre più simile a quello tropicale. Fragilità e meteorologia non possono che imporre un’azione continua di manutenzione e prevenzione, invece continuiamo la pratica degli interventi tampone solo dopo che avvengono i disastri. Con il Piano per la mitigazione del dissesto idrogeologico del 2019, elaborato dalla struttura di missione “Italia Sicura”, si era formulato un programma organico di interventi coordinati e una governance che superava molte difficoltà procedurali e burocratiche. Come spesso avviene da noi, al momento di realizzare i progetti, si è iniziato a modificare, cambiare, disfare, abolendo pure quell’organismo di coordinamento statale. Non a caso, anche la Corte dei Conti in una relazione del 2021 non ha mancato di denunciare la “vischiosità dei processi decisionali” in questo campo. Non ci piace il cambiamento climatico, ma saremo compiaciuti di un cambiamento nelle logiche politiche troppo verbose e poco fattive. Un’Italia che si squaglia per un’ ennesima alluvione legislativa.