Case green, opportunità per innovare il territorio

di Giuseppe Roma

A differenza dell’auto elettrica, rimasta in uno stato di sospensione, le “case green” fanno un, seppur sofferto, piccolo passo avanti al Parlamento Europeo. A favore della direttiva ha votato il 53,8%, contro o astenuti, oltre le destre, partiti italiani compresi, anche una frazione della maggioranza Ursula. Casa e ambiente diventano problemi politici di prima grandezza, che rischiano di deflagrare in uno scontro muro contro muro, con il governo italiano purtroppo in una posizione di retroguardia. Piuttosto che rifugiarsi nella solita litania degli interessi nazionali mortificati dall’Europa sarebbe saggio prepararsi a gestire opportunamente il provvedimento. Il nostro patrimonio edilizio è vecchio, inquinante, costoso, di scarsa qualità anche perché non è stato rinnovato, preferendo il patchwork del fai da te dentro gli alloggi piuttosto che la rigenerazione dei quartieri periferici con edifici eco-sostenibili senza bruciare nuovo suolo. Bisogna innanzitutto attrezzarsi per intervenire nel merito in modo da apportare tutti gli adattamenti necessari nei due anni (probabilmente ’24 e ’25) in cui la direttiva dovrà essere recepita dal nostro Parlamento.

Sono in gioco i criteri per determinare la suddivisione delle classi energetiche, che potrebbero ridurre il patrimonio italiano con obbligo di intervento dal 74% al 45%, secondo stime attendibili. Poi va determinata la casistica degli edifici da escludere: patrimonio storico, seconde case, case unifamiliari e popolari. Andrebbero, poi, spiegati bene ai cittadini sempre restii a mettere mano al portafoglio, i vantaggi dell’operazione. Non solo quelli generali pur rilevanti (effetti sui cambiamenti climatici, siccità, danni all’agro-alimentare etc.) ma soprattutto i ritorni personali. Gli esperti valutano che passare dalla classe G a quella D comporta un risparmio dei costi delle bollette fra il 20 e il 50% e un incremento del valore immobiliare del 30%. Inoltre, dal 2006 sono operanti i crediti d’imposta che sgravano il costo di più della metà. Gli interventi di efficientamento (infissi, caldaia, coibentazione) per un’abitazione media si calcola possano costare dai 20 ai 30 mila euro, ma in 10 anni si recupera il 65%. Certo, è indispensabile far dimenticare la sbornia da 75 miliardi di euro del 110%, di cui hanno goduto i più svelti a scapito di tutti i contribuenti. Bisogna individuare i meccanismi anche finanziari in grado di sostenere le fasce che non dispongono di tutte le risorse necessarie, pagando magari i lavori a rate. La gran parte degli italiani ha acquistato la casa accendendo un mutuo, ma attualmente solo il 12% dei 19 milioni di proprietari ha ancora rate da pagare. Una politica più seria e attenta, invece di raccontare la favoletta dell’Europa matrigna, della patrimoniale strisciante, dovrebbe cavalcare questa opportunità di miglioramento e impegnarsi a intervenire con equità e saggezza.

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