a cura della Redazione.
Ogni evento catastrofico, si tratti di un sisma o un’alluvione, riporta al centro del dibattito il tema dell’insicurezza del nostro patrimonio edilizio seguito inevitabilmente dai buoni propositi della messa in sicurezza, della prevenzione dei grandi programma nazionali. Salvo poi accorgersi, al disastro successivo,che la situazione effettiva non era mutata.
Eppure sarebbe il caso di iniziare a guardare a un tema di interesse collettivo, per l’impatto che ha sulla vita dei cittadini con un po’ di sistematicità. Pensando magari anche a qualche nuovo strumento che consenta di promuovere un migliore orientamento alla sicurezza degli immobili, maggiore trasparenza delle informazioni e più responsabilizzazione dei proprietari. Se le macchine come i motorini si usurano nel tempo, tanto da giustificare la necessità di un tagliando ogni due anni, come è pensabile che un bene rilevante e duraturo come la casa sia a tal punto indenne da “usura” da non necessitare di alcuna verifica del stato di salute anche dopo secoli di vita?
Un recente dossier della Fondazione Opificium ci ricorda che solo nel corso del 2015 il Corpo dei Vigili del Fuoco ha realizzato più di 150 mila interventi di soccorso negli edifici, per problemi di statica (dissesto di elementi costruttivi, come crolli o cedimenti, per un totale di 48 mila interventi circa), da fughe di gas (23 mila) e da incendi ed esplosioni prodotti da cattive condizioni degli impianti o dei macchinari presenti nelle abitazioni (quasi 84 mila). Rispetto al 2010, quando gli interventi di soccorso erano stati 129 mila, si è registrato un incremento del 20% che ha riguardato soprattutto i problemi di statica (+26,8% tra 2010 e 2015), incendi ed esplosioni (18,2%) e fughe di gas (13,2%). Questi stessi eventi hanno prodotto negli ultimi cinque anni 3.368 infortunati e 631 morti: un numero elevato, simile a quello prodotto dagli ultimi tre terremoti (l’Aquila, Emilia Romagna e Centro Italia hanno avuto 634 morti) e in crescita rispetto al passato.
Cattiva manutenzione, estrema vecchiaia degli immobili, usura, mancato adeguamento alla normativa, sono tutte condizioni che determinano un crescente stato di insicurezza del nostro patrimonio abitativo. Secondo l’Istat 3 milioni e 248 mila famiglie vivono in abitazioni con strutture danneggiate al proprio interno, come tetti, pavimenti, mura o finestre. Un numero elevato, pari al 13,2% del totale delle famiglie, giustificato anche dall’elevata anzianità degli immobili, visto che il 74,1% è stato costruito prima del 1980 e circa un quarto (25,9%) prima della seconda guerra mondiale.
Insomma, come cerchiamo l’auto o lo scooter più sicuro e meno inquinante sarebbe importante per ogni futuro proprietario di casa poter contare, al momento dell’acquisto, su informazioni certe circa le condizioni statiche, strutturali e impiantistiche dell’immobile in cui andrà ad abitare. E sarebbe altrettanto importante che i suoi futuri coabitanti o vicini di casa siano garantiti da eventuali comportamenti che possano mettere a repentaglio la sicurezza dell’immobile stesso. Troppi solai, piscine, giardini, insistono in luoghi dove non potrebbero stare, sfidando le leggi della statica e della gravità. Forse un tagliando dell’immobile potrebbe far ricordare ai proprietari che il loro diritto a godere del bene finisce laddove inizia il dovere di responsabilità verso la sicurezza altrui.