Dai No Tav alla Critical Mass: la protesta sociale nelle città italiane

Antagonismo errante e territorio

«L’antagonismo errante» è il tema di cui si è parlato il 20 giugno 2012 al Censis, a partire da un testo elaborato nell’ambito dell’annuale appuntamento di riflessione «Un mese di sociale», giunto alla ventiquattresima edizione, dedicato quest’anno al tema «La crisi della sovranità». Sull’argomento sono intervenuti il Presidente del Censis Giuseppe De Rita, il Direttore Generale Giuseppe Roma e il responsabile del settore Territorio e reti Marco Baldi.

 

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Assistiamo nel nostro paese alla crescita della protesta sociale: 9 milioni di italiani hanno partecipato nell’ultimo anno a manifestazioni di protesta autorizzate, in tanti modi e per ragioni diverse. Si tratta del 17,7% della popolazione maggiorenne, una percentuale in forte crescita rispetto a quella rilevata dal Censis nel 2004 (11,8%).

Un effetto della crisi della sovranità statuale tradizionale, con la cessione di poteri agli organismi sovranazionali e ai mercati finanziari internazionali, è proprio la diffusione di un antagonismo «errante», non più ideologico come in passato, che resta allo stato fluido per poi raggrumarsi in situazioni molteplici e variegate: dai No Tav ai giovani frustrati a causa delle mediocri prospettive occupazionali, dalla rabbia per gli squilibri di reddito o la tassazione eccessiva alla ventata attuale di antipolitica.

Il conflitto intorno alle scelte di trasformazione del territorio

Un ambito che ormai da anni alimenta feroci contestazioni è sicuramente quello degli interventi di trasformazione del territorio. In Italia la realizzazione di una grande opera civile, ma anche di un impianto per la produzione di energia elettrica o per il trattamento dei rifiuti, raramente non da vita a forme di protesta più o meno intense.

Nel 2011, in base ai dati dell’Osservatorio Nimby, 331 impianti o opere di trasformazione territoriale sono stati oggetto di contestazioni locali. Dell’insieme di queste “procedure antagoniste” il 62,5% era relativo ad impianti energetici, con il paradosso che per il 47,1% si trattava di impianti da fonte rinnovabile.

Lo spazio come fattore di coagulo del dissenso

Lo spazio fisico agisce affinché questo antagonismo fluido ed erratico trovi occasione di coagulo ed espressione visibile. Ciò è ovvio nel caso delle varie forme di protesta relative ad una qualche decisione di intervento sul territorio: in questo caso lo spazio è al tempo stesso teatro e oggetto dello scontro, essendo in gioco la sua modificazione.

Ma esistono molti altri casi in cui la protesta diventa evento attraverso il presidio e l’uso non ordinario dello spazio fisico, soprattutto di quello urbano: si va dall’utilizzo del valore simbolico dei luoghi, in quanto sedi o emblemi del potere che si intende combattere (vedi Occupy Wall Street), fino alla ricerca di siti inconsueti da occupare, come nel caso dei tetti su cui salirono nel 2010 i ricercatori universitari di Roma, Torino e Salerno. O ancora alla violazione del divieto di accesso a zone interdette, siano queste i cantieri della Tav o il diroccato centro storico aquilano. Ci sono anche casi in cui lo spazio urbano è il luogo e l’oggetto del contendere pur in assenza di progetti di trasformazione da contestare. É il caso, ad esempio, dei raduni Critical mass, dove migliaia di ciclisti riaffermano il diritto ad utilizzare in bicicletta anche le strade molto trafficate. Emblematico lo slogan: noi non blocchiamo il traffico, noi “siamo” il traffico.

 

Il testo integrale della ricerca è scaricabile cliccando qui

 

 

02 Luglio 2012

 

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Le smart cities in Italia tra tecnologie, politiche e ricerca

 

Nel corso della ventitreesima edizione del Forum PA si è parlato di città intelligenti. Amministrazioni locali, società di servizi, mondo della ricerca si sono confrontati sul tema della smart city, sul suo significato, sulle sue politiche e sulle scelte tecnologiche più adeguate.

 

di Carlotta Fioretti

 

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Oggi la parola d’ordine quando si parla di città è “smart”. Smart city, cioè la città intelligente è uno di quegli slogan efficaci che veicolano potenti immagini per descrivere le città attuali e anche per prefigurare la direzione del loro sviluppo. Così non stupisce che le smart cities fossero al centro del dibattito della ventitreesima edizione del Forum PA, tenutasi a Roma dal 16 al 19 maggio 2012. Il tema dell’evento era l’Open Governement, con l’obiettivo di discutere di apertura e innovazione per le pubbliche amministrazioni e per i sistemi territoriali. E tra le varie parole chiave associate al tema dell’innovazione una delle più ricorrenti è stata sicuramente “smart city”, utilizzata sin dal discorso di apertura fatto dal Ministro Profumo come metafora narrativa dell’innovazione.

In particolare, la smart city è stata oggetto di uno specifico convegno organizzato all’interno di Forum PA in collaborazione con ASSET Camera – Camera di Commercio di Roma, cioè la Prima giornata su “L’impegno delle amministrazioni per le smart city e le smart community”. L’obiettivo di tale giornata di studio è stato quello di affrontare alcune questioni aperte quali la definizione stessa di smart city, la sua operatività, la governance e le scelte tecnologiche più adeguate. Oltre ad alcune amministrazioni locali che partecipando hanno portato esempi e buone pratiche, è intervenuta una rosa ampia di soggetti tra cui istituzioni, società di servizi, mondo della ricerca (nazionale e internazionale) e dell’impresa.

Uno dei primi elementi importanti emersi dal convegno è il ribadito impegno del governo di portare avanti il discorso sulle smart city, sia da parte della cabina di regia dell’Agenda digitale, che da parte dell’intergruppo parlamentare per l’Agenda urbana nazionale. Un impegno che sembra essere concreto anche a fronte dei finanziamenti messi in campo a livello nazionale per le smart cities (due bandi per un totale di un miliardo di euro) e in vista di quelli riservati dalla nuova stagione di programmazione europea per lo sviluppo sostenibile delle città (il 5% del FESR).

Tuttavia ancora molta strada deve essere fatta affinché questo impegno si concretizzi, e affinché (nelle parole di Matteo Lepore presidente della Commissione Innovazione ANCI) il tema non sia solo materia dell’accademia ma diventi effettiva materia della politica. Molta strada perché l’Italia risulta ancora arretrata su molti aspetti, prima di tutto per il fatto di non avere ancora una politica urbana nazionale definita. Così, Giovanni Vetritto (Capo della Segreteria Ufficio del Ministro per la Coesione Territoriale) afferma la necessità urgente di sviluppare una cornice concettuale adeguata ed integrata sul tema città. Secondariamente, sembra importante che quando si parla di innovazione, non siano i prodotti, le tecnologie stesse a comandare, ma che le Pubbliche Amministrazioni siano capaci di anteporre a queste una visione d’insieme (Mario Calderini, Consigliere del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), un piano (Paolo Testa, Cittalia).

Certo è che alcune amministrazioni sembrano esserci già mosse in questo senso. Non c’è una ricetta predefinita per diventare una smart city, ma piuttosto diverse suggestioni. Ad esempio Genova punta tutto sul partenariato tra i diversi attori del pubblico e del privato, costituendo l’Associazione Genova Smart City. Venezia ricerca l’integrazione e l’informatizzazione di tutti i servizi per cittadini e city users in un unico prodotto: la carta unica. Infine la regione Lombardia vede la necessità per alcuni temi in particolare come i trasporti di lavorare a scale territoriali ampie, oltre i confini comunali, e parla anche dell’importanza di sensibilizzare i cittadini.

Quest’ultimo sembra essere un tema importante che è ritornato spesso nel corso della giornata, ponendo la questione di verificare non solo se e come sono smart le città, ma anche se e come sono smart i cittadini. Marco Cantamessa del Politecnico di Torino, ha portato i risultati di una ricerca condotta proprio per misurare la smartness delle città e l’impatto che questa ha di fatto sui cittadini. Dalla ricerca emerge come in Italia ci sia attualmente una scarsa corrispondenza tra le politiche smart adottate dalle città e gli effettivi bisogni dei cittadini. Cittadini che, come afferma Enzo Risso (Direttore Istituto di ricerca SWG), se nei comportamenti tendono ad essere ancora “spreconi” (in maniera poco smart), tuttavia, soprattutto per quanto riguarda i giovani, son ben disposti al cambiamento verso stili di vita più eco-attenti.

Infine, sembra opportuno ricordare la cosa più banale ovvero che smart city significa anche tecnologia. Su questo argomento al convegno hanno partecipato rappresentati di diverse aziende attive nel campo (come ad esempio Telecom, Italtel, Sirti, CA Technologies) nonché Carlo Ratti del Sensable City Lab considerato un guru a livello internazionale per quanto riguarda le tecnologie all’avanguardia di cui si può dotare una città intelligente. Secondo Ratti, le città, e gli oggetti che la popolano, sono già ricchi di dati; allora la tecnologia ci può venire in aiuto per accedere a questi dati e far parlare le città, gli ambienti. Tale conoscenza ci permetterà così di innescare comportamenti virtuosi e migliorare il sistema. Le tecnologie illustrate da Ratti sono di vario genere: alcune alla portata di tutti possono avere un impatto diretto sulla vita dei cittadini, come la Copenhagen Wheel. Si tratta di una ruota intelligente in grado di trasformare qualsiasi bicicletta in una elettrica a pedalata assistita, ed anche, grazie alla tecnologia 2.0, di assistere la guida e consentire nuove esperienze d’uso, fornendo e ricevendo dati in tempo reale su traffico, percorsi da preferire, livello di inquinamento urbano punto per punto. Altri progetti del Lab di Ratti riguardano invece lo studio delle informazioni prodotte dall’uso delle tecnologie digitali allo scopo di migliorare l’analisi e l’amministrazione del territorio. Ne è un esempio il progetto “Network and Society” nel quale si sono studiati i dati delle telecomunicazioni in Gran Bretagna per capire se i confini amministrativi delle regioni rispettano i modi più naturali in cui gli abitanti interagiscono tra di loro attraverso lo spazio.

I temi trattati durante il convegno sono stati tanti, e non è possibile in questa sede riportarli tutti. Si è parlato anche di cibo, scuola e partecipazione, ma la città è stata senza ombra di dubbio la grande protagonista. Nella locuzione smart city, l’accento è stato posto su city piuttosto che su smart: sembrerebbe che questo trend del momento sia semplicemente un modo nuovo per poter tornare a parlare di città.

 

 

02 Luglio 2012

 

 

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Le strategie, gli strumenti e le opportunità per rendere più vivibili e competitive le città italiane

 

Trasformazione urbana e sviluppo sostenibile

 

Realizzato da Censis e Ance il rapporto “Un piano per le città. Trasformazione urbana e sviluppo sostenibile” è stato presentato il 3 Aprile 2012 a Roma, presso la sede dell’Ance.

 

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Le aree urbane rappresentano un fattore strategico per la crescita e la competitività del Paese, a patto di riuscire a conseguire una qualità diffusa dell’abitare intesa come valorizzazione sostenibile del patrimonio edilizio, delle reti di mobilità urbana, degli spazi collettivi.

Ciò richiede una visione strategica e integrata dei temi della trasformazione e riqualificazione urbana, attenta alle dinamiche sociali e proiettata nel medio-lungo periodo.

Tranne poche interessanti eccezioni, si registra come lo sviluppo urbano degli ultimi anni sia andato in gran parte nella direzione opposta, esasperando le già preoccupanti disfunzioni del modello di crescita per proliferazione. Per questo si tratta di ribadire la necessità di un’inversione di rotta nella direzione di una rinnovata attenzione al tema della modernizzazione urbana.

Su questi temi è incentrato lo studio condotto da Censis e Ance che vuole essere un contributo di analisi e di proposte al dibattito nazionale sulle politiche per le città.

 

 

21 Maggio 2012

 

 

 

 

ico_pdf.gif Un piano per le città. Trasformazione urbana e sviluppo sostenibile

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