Il ruolo dei PRUSST nell’evoluzione delle politiche di sviluppo del territorio
Sintesi dell’intervento presentato al seminario organizzato da AUDIS “I PRUSST nello sviluppo del Veneto centrale’ che si è svolto il 5 ottobre presso il Municipio di Padova”
di Stefano Sampaolo
Premessa
Dopo una fase di notevole attenzione iniziale, dei Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio (Prusst) a livello del dibattito nazionale si è parlato sempre meno, anche per una ormai radicata tendenza a consumare le novità sempre più rapidamente. Tanto più sfuggente è il caso di un programma di medio/lungo periodo come quello in questione la cui attuazione negli anni è stata complessivamente modesta. Dai dati forniti dal Ministero Infrastrutture (Conto nazionale dei trasporti), al 31.12.2006 solo il 34,2% dei fondi ministeriali era stato speso (ben 19 Prusst a quella data registravano una spesa inferiore al 10% e solo 7 superiore all’80%).
Tuttavia i Prusst rappresentano un esempio significativo di “innovazione dal centro”. Lanciati in una fase di forte ridefinizione proprio dei rapporti tra stato centrale e governo locale, nascono dall’assunto di fondo che, tra le funzioni mantenute dal primo, vi sia la promozione di programmi innovativi in ambito urbano laddove soprattutto è richiesto un intervento coordinato da parte di diverse amministrazioni (Stato, Regioni e Province, enti locali, gestori di reti).
Obiettivi e caratteri di fondo
Nel cercare di tratteggiare un profilo del programma è forse importante ricordare cosa non sono i Prusst:
- non sono programmi settoriali, ma al contrario mirano a integrare politiche di settore diverse;
- non sono programmi di quartiere o di area urbana, ma tendenzialmente aggregano territori di più comuni, indipendentemente da logiche di confine amministrativo, individuando nell’area vasta l’ambito di funzionamento reale di alcuni processi;
- non sono programmi operativi in senso classico, con risorse stanziate e definite ed interventi da attuare in tempi relativamente ravvicinati (5-6 anni).
I Prusst sono soprattutto uno strumento coordinatore ed integratore di politiche di sviluppo e di attori con una visione che guarda ai fenomeni ed ai problemi superando le logiche della geografia amministrativa. In particolare hanno dato maggiore enfasi al tema della relazionalità, delle reti, quindi al tema delle infrastrutture. Per questo i Prusst ricercano la realizzazione, l’adeguamento e il completamento di attrezzature sia a rete che puntuali, di livello territoriale e urbano, in grado di promuovere e di orientare occasioni di sviluppo.
Una breve cronologia
I Prusst sono stati introdotti verso la fine del 1998 da un decreto dell’allora Ministero dei LLPP: in risposta al bando sono arrivate più di 300 proposte che si candidavano al finanziamento dell’assistenza tecnica, della progettazione e di parte delle opere pubbliche.
Inizialmente le risorse disponibili (residui dei programmi di riqualificazione urbana) erano limitate, circa 140 miliardi di vecchie lire (72 milioni di euro). Dote che è stata incrementata in seguito: il finanziamento ministeriale complessivo, considerando i diversi stanziamenti decisi tra il 2000 ed il 2003, è stato quasi 5 volte superiore (339,6 milioni di euro).
Nell’aprile del 2000 sono state selezionate dal Comitato di valutazione e selezione 48 proposte, che poi sono diventate 50. Nel marzo 2001 con l’ammissione al finanziamento di altre 28 proposte, si è definito il quadro dei programmi da finanziare che sono risultati 78. Nel febbraio 2002 è stato firmato il primo degli Accordi di Programma Quadro tra Ministero e promotore. In media ogni programma ha ricevuto un finanziamento pari a 4,3 milioni di euro. In particolare a ciascuno dei 78 programmi è stato erogato un importo di 1,49 milioni di euro per assistenza tecnica e progettazione ed un contributo per la realizzazione delle opere pubbliche previste variabile (il valore medio è pari a 2,9 milioni di euro ma si oscilla da un minimo di 900 mila euro ad un massimo di 5 milioni di euro circa).
Le novità e l’ambizione
I Prusst sono stati spesso descritti come il punto avanzato di una stagione riformatrice, lo stadio di un processo di progressiva evoluzione di strumenti innovativi, un passaggio in avanti di una stagione di forti sperimentazioni che avevano riguardato soprattutto le città.
I fattori di novità in sintesi hanno riguardato:
- le finalità: non più solo la riqualificazione urbana ma il supporto al rafforzamento della competitività territoriale;
- la scala: il superamento delle logiche legate ai confini amministrativi. La stragrande maggioranza dei programmi ha scala intercomunale, ma anche interprovinciale e talvolta persino con riflessi interregionali;
- il sistema degli attori: al centro il tema della governance multilivello (non più solo i sindaci e le città protagonisti); ma anche il tema della partnership pubblico/privato (riprendendo l’esperienza dei Programmi di riqualificazione urbana);
- i contenuti: il tema dell’integrazione settoriale (economia/territorio, sviluppo urbano/infrastrutture) con un approccio integrato già sperimentato da Urban alla scala micro. In sostanza il tentativo di abbinare la realizzazione di interventi infrastrutturali all’attivazione di misure a sostegno delle attività economiche e della persona.
Certamente i Prusst riflettono direttamente l’esigenza di un rinnovamento delle politiche territoriali che negli anni ’90 si è manifestata attraverso le sperimentazione dei Programmi di Riqualificazione Urbana, degli Urban (partiti in Italia nel 1996), dei Contratti di Quartiere, dei Patti territoriali (nati al Cnel nel 93/94 e poi istituzionalizzati).
L’introduzione dei Prusst è stata sicuramente una delle tappe importanti dell’evoluzione del dibattito sui rapporti tra politiche di sviluppo e politiche territoriali. Si può dire che è stato il tentativo più ampio dal punto di vista degli elementi in gioco (pubblico/privato, infrastrutture e riqualificazione, sostenibilità economica, governance multilivello, sostenibilità ambientale ecc.). Data l’ambizione di partenza dell’operazione da un certo punto di vista un calo dell’interesse e una certa delusione era inevitabile, scontata, soprattutto a fronte del problema della scarsità di risorse pubbliche investite.
Il programma aveva in fondo un’importazione molto aperta. Laddove esisteva un’idea matura di progetto di territorio, i Prusst sono diventati delle cornici strategiche per sviluppare temi nuovi: una palestra di programmazione, in sostanza una prima opportunità per ragionare ad un’altra scala e con una logica meno settoriale e più strategica. Laddove questa opportunità è stata colta, gli esiti sono stati interessanti: e si può parlare dei Prusst come di uno strumento di programmazione integrata e multidimensionale di medio-periodo alla scala territoriale da attuare per pezzi (a seconda dei fondi disponibili), perseguendo comunque una strategia unitaria di sviluppo.
In un certo senso simmetricamente tale apertura, in mancanza di una vera idea strategica, è stata invece alla base di un’interpretazione dello strumento come semplice “programma contenitore”. L’altissima numerosità dei progetti in alcuni casi sembra indicare questa deriva (uno dei Prusst Civitavecchia conta più di 900 progetti). Peraltro il meccanismo di distribuzione dei fondi, inevitabilmente, ha, come è noto, effetti positivi e negativi: costringe a concorrere ma talvolta spinge a coalizzarsi anche al di là della reale volontà di farlo.
Certo la risposta che è venuta da alcuni progetti fa leggere una nuova idea di territorio ed anche una nuova geografia del paese. Ma l’assenza alla base dell’operazione di un’esplicita ipotesi generale, complessiva, pesa: per cui nel calderone si ritrova inevitabilmente un pò di tutto. Emergono tuttavia alcune dimensioni: il rafforzamento del policentrismo urbano e territoriale, una certa attenzione al supporto delle reti urbane di secondo livello, una preoccupazione per il riequilibrio territoriale.
Quello che manca (la visione di insieme, con gerarchie, e il riconoscimento di differenti vocazioni) è in fondo quello che poi il Ministero Infrastrutture ha proposto con le piattaforme territoriali strategiche, che hanno avuto proprio l’obiettivo di determinare il quadro sulla base del quale scegliere i progetti integrati su cui concentrare le risorse e attivare quella cooperazione multilivello spesso ancora troppo debole ma che appare invece indispensabile per sostenere una prospettiva di sviluppo del sistema paese e della sua competitività nello scenario europeo ed internazionale.
28 Novembre 2007