La casa è ancora una leva per lo sviluppo urbano
Il dibattito politico dovrebbe interrogarsi più approfonditamente sulla crisi edilizia che attanaglia il nostro paese per capire quali misure è opportuno mettere in campo per superarla. Il comparto edilizio deve e può essere rimesso in moto: esiste infatti una domanda di casa insoddisfatta che può essere alimentata tramite opportuni meccanismi finanziari.
di Giuseppe Roma, segretario generale RUR, direttore generale Censis
Autorevoli esponenti del mondo imprenditoriale hanno denunciato, da queste colonne, le gravi difficoltà che sta attraversando il settore delle costruzioni, avanzando proposte concrete per invertire la rotta. Resto sbalordito per come tali argomentazioni vengano trascurate nel dibattito politico, sottovalutando quanto lo sviluppo urbano può fare per provocare la troppo annunciata “crescita”. Basta affacciarsi oltre i confini nazionali per constatare cosa stia producendo, in questo settore, l’impegno pubblico con il coinvolgimento di banche e privati. C’è una forte disattenzione verso una crisi edilizia molto pesante, ma per l’opinione pubblica meno coinvolgente rispetto a singoli casi (tipo Ilva),in quanto diffusa e priva di eventi eclatanti. Eppure lo stillicidio di posti di lavoro è continuo, la chiusura di piccole e medie aziende quotidiana. Certo, il governo, si è fatto promotore del Piano città, un programma giusto e ambizioso, ma destinato ad avere effetti significativi, solo nel medio periodo. Inoltre,senza una grande strategia nazionale e il necessario carburante finanziario, le diverse iniziative avviate (contratti di valorizzazione urbana, smart cities, fondo investimenti abitativi, fondi europei), corrono il rischio della frammentazione e della sovrapposizione.
Se oggi il paradigma tecnologico dominante è rappresentato certamente dal digitale, l’oggetto specifico dello sviluppo, il “prodotto” simbolo attorno cui finisce per ruotare l’economia globale è senza dubbio la città, dove si concentra il capitale umano più qualificato. Lo spazio urbano è, per questo, luogo di produzione dell’innovazione e suo principale mercato di destinazione. Le città realizzano PIL in molti modi, innanzitutto trasformando continuamente se stesse. E poi, attraendo medie e grandi imprese di servizi, incentivando start-up di aziende hi-tech, rispondendo alla diffusa domanda di abitazioni e di servizi urbani (trasporti, rifiuti, energia, ecc.). Le grandi città italiane, soprattutto quelle del Centro Nord, continueranno anche nei prossimi anni a registrare un incremento demografico. Da qui al 2020 l’area metropolitana di Verona crescerà dall’11%, quelle di Milano e Bologna dell’8%, Roma del 7%, Firenze del 6%, Torino del 4%. Anche per questa ragione è urgente lanciare un Manifesto per la città centrato su quattro priorità: dare soddisfazione alla domanda abitativa, potenziare le reti per la mobilità, promuovere il risparmio energetico e realizzare l’infrastruttura digitale. L’area d’intervento a risultati più immediati è senz’altro quella della casa, in quanto può mobilitare direttamente il risparmio familiare. Il recente “Atlante della domanda immobiliare” predisposto dal Censis, ha valutato che, nell’anno in corso, sono 907mila le famiglie intenzionate ad acquistare un’ abitazione, ma solo il 54% riuscirà a comperarne una. La richiesta di circa 44 milioni di mq. residenziali non verrà esaudita in quanto le risorse a disposizione delle famiglie non vengono integrate dal finanziamento bancario. Le proiezioni di Bankitalia per il 2012 attestano il più basso livello di erogazione per mutui abitativi del decennio, pari a 30 miliardi, un quarto in meno rispetto ai 40 miliardi erogati nel 2009, l’anno del credit crunch. Nell’ultimo triennio disponibile (2008-2010), inoltre, il 25% dei richiedenti non ha ottenuto il finanziamento, rinunciando così all’acquisto. Eppure la famiglia italiana è forse quella con cui si rischia di meno in Europa. I debiti finanziari sul reddito disponibile restano bassi, con un valore del 65%, minore rispetto a francesi o tedeschi (80%) e della media per l’Eurozona (100%). Inoltre, fra i 4 milioni di famiglie gravate da mutuo, l’81% paga senza difficoltà e solo il 4,7% chiede dilazioni.
La perdurante propensione degli italiani a investire i propri risparmi nella casa va, quindi, riconosciuta come potente leva per ridare linfa a un comparto decisivo per la crescita. Il Censis con il suo Atlante certifica l’esistenza di una domanda non soddisfatta, che può essere attivata non con incentivi o spesa pubblica, ma affinando i meccanismi finanziari. A ragione è stata avanzata una soluzione semplice ed efficace: riattivare la logica delle “cartelle fondiarie” o, se è necessario dare una riverniciata terminologica, attivare i “casa bond”. Il meccanismo prevede l’emissione di titoli a reddito fisso paralleli alla stipula di mutui edilizi. Il finanziamento delle “attività” a lungo termine avviene con “passività” di pari importo ed eguale durata, mentre oggi il sistema bancario ha difficoltà a finanziare mutui a lungo termine, in quanto la provvista è al breve. Possibile che non venga presa in considerazione da governo, CdP, Bce, una tale proposta già da mesi avanzata dall’Ance del Presidente Buzzetti? Casa e auto (con il carburante) sono beni visibili facilmente tassabili, ma come per ogni mulo da soma il troppo peso fa schiantare ogni possibile resistenza.
Per informazioni sull’Atlante della domanda immobiliare vai al sito:
15 Gennaio 2013