L’autarchia infrastrutturale. Tav e Tap sotto tiro

di Giuseppe Roma.

Padroni in casa propria, si ma al buio. E senza la possibilità di muoversi. La superficialità con cui si affrontano i dossier infrastrutturali più importanti per il nostro paese è davvero preoccupante. Se è comprensibile, ma non accettabile, la propaganda politica per compiacere agguerrite ma sparute minoranze di opposizione locale – il popolo dei “NO” – desta non poca preoccupazione il perdurare di un atteggiamento approssimativo anche quando si esercita la responsabilità di governo. Non si può a cuor leggero eludere trattati internazionali, ratificati dai parlamenti, o ritenere carta straccia fior di contratti sottoscritti a seguito di gare internazionali. Le conseguenze sono disastrose sotto il profilo delle relazioni internazionali, per i costi delle inevitabili penali e per la stessa vita dei cittadini. Benefici che nella costruzione di ferrovie o gasdotti sono differiti nel tempo. Come giustamente ha osservato Bauman, siamo in una società che non ha più futuro perché cerca solo di modificare il passato. La politica oggi si adegua e continua a emettere editti retroattivi dalle pensioni ai cantieri, per affermare una visione miope del mondo che stiamo vivendo.
Per alzare le quotazione nei sondaggi può certo far colpo cancellare un collegamento ferroviario con l’intera Europa Occidentale da Parigi, a Londra a Bruxelles, per destinare al popolo le presunte risorse risparmiate. E poi? Certo non riusciremo a elargire denaro pubblico anche negli anni successivi perché, deprimendo l’economia, condanneremo la base fiscale a un’ineluttabile restrizione.
Preferire sempre e solo spesa corrente a quella per investimenti equivale a tagliarsi l’erba sotto i piedi. Pensiamo a quale arretramento si produrrebbe nel nostro lavoro, nell’economia e nella qualità della se no potessimo usufruire di Frecce Rosse e Italo, senza Roma Milano in tre ore. Certo bisogna anche migliorare il trasporto regionale, ma quella carenza non può indurre a pronunciare una sentenza di condanna per aver realizzato quella infrastruttura, e infatti nessuno lo fa. Condannarsi,invece, all’autarchia infrastrutturale perché incapaci di traguardare il futuro, provocherebbe un danno irreversibile al paese.

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