Venezia sott’acqua … per inerzia, contrasti e disonestà

di Giuseppe Roma.

Venezia è sommersa per l’innalzamento delle acque a un’altezza pari a quella di un corazziere del Quirinale. Un evento eccezionale occorso anche più di cinquant’anni fa e quindi attribuibile soprattutto alla idrologia della laguna, alla situazione meteo e alle maree. Tuttavia, le immagini della città di San Marco invasa dalle acque dovrebbe convincere anche i più scettici sull’urgenza di operare per rallentare i fenomeni che producono l’aumento della temperatura media del pianeta. E’, infatti, innegabile lo scioglimento dei ghiacciai causato dal riscaldamento globale. Basta andare a fare una passeggiata, in quota, sulle Alpi. Né si può contestare che il ghiaccio divenuto acqua finisca in mare innalzandone il livello. Gli scienziati più seri prevedono che Venezia sarà permanentemente invasa dalle acque fra trenta/cinquant’anni. Una sorte che potrà toccare anche ad altre città costiere come Genova, Napoli, Ravenna, Brindisi etc.etc. Ma che il problema veneziano fosse grave è dimostrato dalla quantità di energie e risorse finanziarie che lo Stato ha investito per cercare di risolverlo. Tutto inizia con l’alluvione del 4 novembre 1966, eguale, per portata, a quella attuale. La sommaria cronologia di questi 53 anni trascorsi invano parla da sé.

Prima Legge speciale nel 1973, che prevede un appalto concorso, cui segue la costituzione del Consorzio Venezia Nuova per realizzare il progetto. Nel 1984 viene emanata una nuova Legge Speciale per Venezia, cui segue la progettazione e sperimentazioni del Modulo Sperimentale Elettromeccanico, MOSE, ovvero di paratie mobili alle bocche di porto per chiudere i varchi fra mare e laguna in caso di maree eccezionali. L’approvazione del progetto definitivo è del 2002 con avvio dei lavori nel 2003. Un estenuante itinerario operativo che dovrebbe concludersi addirittura nel 2021, integrato, però, da un intervento diffuso di piccoli lavori in città, molto gradito al sistema imprenditoriale veneziano. Un sistema complesso che ha portato, nel 2014, a 35 arresti e 100 indagati. Dietro tempi talmente lunghi da vanificare l’efficacia delle opere infrastrutturali, così caratteristico del nostro paese, si nascondono certo burocrazia, conflittualità, popolo del no. Ma non possiamo negare che il vero collante che fa coalizzare gli interessi politici e imprenditoriali è la possibilità di mungere il più a lungo possibile la finanza pubblica.

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