INFRASTRUTTURE/LA GARA TRA L’UOVO E LA GALLINA – di giuseppe roma

Pur non volendo entrare nel merito dei risvolti giudiziari delle inchieste su Expo e Mose, che purtroppo uniscono le due regioni più dinamiche del nostro Paese, o negli aspetti legali e nelle implicazioni etiche della vicenda, non si può sottacere il grave impatto socio-economico che questi fatti rischiano di produrre. Secondo uno studio dello scorso anno, nell’ultimo ventennio (quello seguito a Tangentopoli) la spesa per la protezione sociale (pensioni comprese) è cresciuta di circa il 65%, mentre quella per infrastrutture e opere pubbliche è diminuita del 35%. Esiste certamente una competizione strisciante nell’indirizzare le risorse pubbliche verso i trasferimenti monetari alle famiglie piuttosto che investimenti a beneficio differito. Come dire, c’è una ‘gara’ tra l’uovo per uovo oggi e la gallina domani. Da qui l’esistenza, in Italia, di un’opinione pubblica tendenzialmente contraria all’investimento infrastrutturale.

E’ chiaro che episodi come quello dell’Expo o del Mose offrono un ulteriore argomento: le grandi opere nascondono l’occulto obiettivo della malversazione. Bisogna certamente stroncare corruzione e illegalità, ma sarebbe errore imperdonabile ridurre o rinunciare alle reti e alle strutture di cui il Paese ha bisogno. Oltre l’inganno pure la beffa. Intanto, dovremmo dare un qualche rilievo a operazioni riuscite, seppure ormai più di dieci anni fa. Le 600 opere pubbliche realizzate a Roma e in tutta Italia con il Giubileo del 2000 comportarono un investimento pari a circa 4 miliardi di euro, furono completate nei tempi senza contenzioso amministrativo o penale. Forse non sarebbe inutile andarsi a rivedere le semplici e rigorose procedure con cui furono gestiti i progetti dall’Ufficio Grandi Eventi della Presidenza del Consiglio, successivamente abolito e sostituito da altri improbabili Uffici Pubblici.

E, poi, altra nefanda conseguenza è quella di considerare ogni intervento sul territorio come “distruttivo”. Il Mose è giudicato dai tecnici come la più avanzata opera di ingegneria ambientale nel mondo, più innovativa rispetto alle note dighe mobili olandesi che devono pompare l’acqua e producono alterazioni dell’eco sistema. Invece di valorizzare un’opera tecnologicamente avanzata, i gravi fatti ad essa connessa, rischiano di dar ragione ai tanti “idraulici senza laurea” che nei “baccari” veneziani pensavano di avere la soluzione giusta per risolvere il problema dell’acqua alta in città. Le opere pubbliche da ogni punto di vista devono essere una cosa seria.

(da InPiù)

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