La rabbia per Alitalia

di Giuseppe Roma.

Alitalia rischia di essere paragonata alla maledizione di un qualche guerriero Atzeco. Ma il giustificato senso di stanchezza, provocato dalle sue ricorrenti crisi, non può giustificare, a cuor leggero, una sua definitiva liquidazione. Gli interrogativi sono due: quali impatti avrebbe la chiusura sul sistema Italia e cosa comporta per Roma. Il trasporto aereo è il vettore fisico che determina l’intensità delle relazioni e degli scambi internazionali. Nel breve termine, nessuna compagnia ne grande ne low cost potrebbe sostituirsi ad Alitalia per movimentare i sui attuali 24 milioni di passeggeri. Quindi ci sarebbe una riduzione dei flussi verso l’Italia. Inoltre, per quanto “scassata”, Alitalia è una grande azienda, perderla equivale a perpetrare la riduzione delle grandi imprese. Molti problemi derivano da macroscopici passati errori di strategia e da un certo numero di accordi (Air France-Klm e Air One) che ne hanno sterilizzato, in seguito, ogni possibile correzione. Con l’arrivo dell’alta velocità ferroviaria e dei low-cost le compagnie, oggi vitali, hanno spostato il loro business sul lungo raggio, potenziando la loro flotta in quella direzione. E’ vero, per il turismo forse non è importante avere una compagnia aerea nazionale, ma per la struttura economica perderla vuol dire azzoppare un altro pezzo del terziario, riducendolo a funzioni di sub-fornitore senza testa e management. Salvo poi lamentarci per i nostri laureati costretti a fare gli steward con le compagnie low cost.
Non avere più una base d’armamento vuol dire, poi, infliggere a Roma un altro colpo molto duro a una città che, nel tempo, ha già perso una grande banca, una grande assicurazione e, inoltre, pezzi di informatica, d’industria della difesa etc. Conservare la base d’armamento vuol dire mantenere il know-how, seguire l’innovazione, non essere semplice fornitore, peraltro senza garanzia di continuità. Fra gli errori che hanno affossato Alitalia dobbiamo anche considerare quella geniale scelta politica di lanciare Malpensa, e puntare sul doppio hub Roma-Milano. Tutti gli Stati Uniti ne hanno 4 e noi pensavamo di poterne alimentare 2. E’ chiaro che la partita è davvero complicata, ma non basta farsi prendere dallo sconforto e sbagliare ancora. Bisogna puntare sul lungo raggio, dove non ci sono le low cost. Gli asset sono legati a una buona qualificazione del personale, derivante da una lunga formazione che non si ricrea rapidamente. Roma può essere come base di drenaggio di un mercato in crescita soprattutto in Oriente. Non è molto, ma se avessimo buoni manager e un po’ d’ aerei, forse…..

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