Il lavoro non abita più qui

di Giuseppe Roma.

L’Istat ci sta abituando a un nuovo modo di interpretare il suo ruolo,improntato come mai in precedenza all’innovazione e all’analisi fenomenologica, piuttosto che alla dimostrazione statistica di tesi pre confezionate.Lo ha fatto negli anni passati affrontando le diseguaglianze territoriali o la crisi generazionale. Lo fa quest’anno offrendoci uno spaccato impietoso di come si è venuta strutturando la società italiana, dopo la crisi politica partita nel 1992 e quella economico finanziaria iniziata del 2008. Dopo la lettura delle classi sociali di Sylos Labini, successiva al grande boom dell’industrializzazione, quella dell’Istat risulta la più convincente analisi sulle classi sociali degli ultimi anni. Descrive un paese dove prevalgono i consumatori rispetto ai produttori. Dove i gruppi sociali più dinamici come gli stranieri, i giovani o i blue collars guadagnano fino al 40% in meno della media nazionale.Un paese con un terzo delle famiglie mantenute da un reddito pensionistico nei fatti superiore a quello di chi vive lavorando: il 22,7% delle famiglie di pensionati gode di un reddito pari alla media nazionale e un ulteriore 9,3% superiore e addirittura molto superiore a quello medio.

E poi, le classi dirigenti allargate dei professionisti, degli imprenditori, dei manager, che rappresentano uno smilzo 7,2% delle famiglie, sembrano più godere di una condizione di privilegio per discendenza o per sfruttamento di posizioni di rendita, che costituire un gruppo sociale derivante dal dinamismo imprenditoriale (com’era ai tempi dei distretti industriali) o da un investimento sulle competenze (come avviene negli altri paesi avanzati). Molte sono le considerazioni che si possono trarre dall’analisi Istat sui gruppi sociali,ma certo balza agli occhi un quadro di impressionante cambiamento dei valori e delle identità della società italiana, che spiega anche gli orientamenti politici. Se una parte consistente degli italiani è ormai distante dai processi funzionali alla creazione di valore economico è chiaro che finisce per prevalere una logica difensiva che avversa qualsiasi discontinuità col passato. La difesa dello statu quo prevale su ogni sfida per il futuro.

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