DECRETO SBLOCCA BAGNOLI: LUCI, OMBRE, TANTI PUNTI INTERROGATIVI di dionisio vianello

Sblocca Italia sblocca Bagnoli

Detto fatto. Il 14 agosto scorso Renzi va a Napoli ed annuncia grandi novità per Bagnoli. Neanche un mese  dopo il governo licenzia il decreto Sblocca Italia (DL 133 del 12/09/2014) che all’art. 33 detta norme per la “Bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale, lineetta, comprensorio Bagnoli-Coroglio”. In pratica il governo avoca a sé l’operazione attraverso la nomina di un commissario e di un soggetto attuatore che dovranno  redigere un piano per la bonifica dei luoghi ancora contaminati nonchè per la successiva  trasformazione urbanistica. Le aree verranno  trasferite dalla attuale proprietà (la società di trasformazione urbana “Bagnoli futura”, attualmente in liquidazione) alla nuova società, che procederà poi alla realizzazione delle opere. La decisione del governo apre una serie di interrogativi sui quali è prevedibile che si dibatterà a lungo, ma che appaiono decisivi per determinare le sorti non solo di Bagnoli ma anche di altri grandi progetti di rigenerazione urbana nel nostro paese.

Il commissariamento

Il primo di carattere generale riguarda il commissariamento, procedura sempre più in voga in Italia. Finora però sono stati commissariate solo le opere oggetto di reato, dove si è rubato a man salva. Anzi, per la verità, solo i lavori dell’EXPO di Milano, mentre il MOSE a Venezia non è nemmeno stato commissariato. Con lo Sblocca Italia – in particolare nel caso di Bagnoli – si fa però un salto di qualità dirompente: si introduce il reato di “incapacità”. Le amministrazioni che si dimostrano incapaci di gestire le grandi trasformazioni urbane possono essere commissariate, il governo prende in carico e realizza direttamente gli interventi.

E’ vero che se in Italia c’è un comune che  meriterebbe di essere commissariato, questo è certamente il comune di Napoli. Nel precedente articolo del 28 agosto ho fatto un confronto tra l’attività del comune di Torino nel gestire la trasformazione della Spina Centrale, uno dei grandi progetti a scala nazionale, e quella di Napoli per Bagnoli. Ebbene, nei vent’anni trascorsi dal 1994 ad oggi,    a Torino il progetto è stato ormai compiutamente realizzato, mentre a Napoli  non si è ancora posato un mattone. Ma potremmo portare anche il caso delle Manifatture Tabacchi paragonando Napoli ad altre situazioni – Milano, Verona, Modena, Firenze, immobili di proprietà Fintecna, ma anche Torino, Venezia, Bologna – tutti casi estremamente istruttivi, le famose “buone e cattive pratiche”; lo farò in un prossimo articolo. Comunque, messa così, questa storia del commissariamento può diventare un precedente estremamente pericoloso. Ci mettiamo a commissariare tutte le amministrazioni incapaci, ed in Italia certamente non c’è solo Napoli? Forse può anche essere utile una stangata  per dare una spinta ai comuni renitenti, ma questo non può diventare la normalità. L’Italia – l’abbiamo detto più volte, e non solo noi – diventerà maggiorenne solo quando avrà imparato a gestire l’ordinarietà, le procedure normali; come succede in tutti gli altri paesi europei. Sempre con qualche eccezione, vedi il caso del nuovo aeroporto di Berlino Brandeburgo, dove è affondata la mitica tecnologia tedesca. Qui entriamo però in  un tema essenzialmente politico, e mi fermo qui lasciando la risposta a persone più competenti.

La questione delle bonifiche

Passando ad aspetti più tecnici le questioni da affrontare sono molte. Anzitutto le bonifiche. Non so esattamente quanti soldi sono stati spesi finora, ma certamente sono tanti; la stima dei lavori ancora da fare si aggira su 180-200 mln di euro. Sta di fatto che a Bagnoli, come in molti altri casi, le bonifiche sono il macigno che sta bloccando tutto. In ossequio al principio “chi inquina paga” le bonifiche sono a carico della proprietà che quasi sempre è diversa da quella originaria che ha prodotto l’inquinamento. Anche per colpa della legislazione italiana, troppo complessa e farraginosa, alla fine gli oneri sono talmente elevati da azzerare il valore fondiario delle aree, portandolo spesso in terreno negativo; tanto che se non interviene lo stato con consistenti aiuti finanziari , le operazioni non si fanno e i progetti rimangono fermi. Questo è successo anche nella prima stagione della rigenerazione dove molti progetti – compreso Torino Spina 3 – furono in grado di partire solo  grazie agli aiuti stanziati dal famoso decreto Fontana. A Bagnoli poi il proprietario era lo stato che con la legge 388/2000 gli aiuti li ha dati a se stesso. Per cui, sia in fase consuntiva che  in prospettiva,  sarebbe quanto mai utile il confronto con altre situazioni  dove le bonifiche rivestono un ruolo decisivo, come ad esempio la Bovisa a Milano, le aree Falk a Sesto S. Giovanni, ed ancora Napoli Est con le aree KU-eight; tutte con piani finanziari (vedi il Piano Città di Milano con la Bovisa) ridotti ormai  a carta straccia a seguito della crisi dell’edilizia e la caduta della domanda. Come uscire da questo inghippo che rischia di stritolare ogni prospettiva di sviluppo? Mi sembra che l’unica via d’uscita sia quella più volte proposta da AUDIS al mondo politico, e finora mai esaudita: oltre alle indispensabili modifiche normative, redigere un catalogo degli interventi già realizzati per arrivare alla definizione di costi parametrici per le varie attività. Questo anche per disboscare un settore dove prosperano imprese al limite del lecito ed oltre, dando invece sicurezza agli operatori seri.

Il progetto urbanistico 

Altre (e numerose)  considerazioni merita invece il campo urbanistico, che  mi è più congeniale. Visto e considerato che la pratica  viene scippata al comune si pone il problema se realizzare il progetto come è previsto dal piano regolatore (variante De Lucia vigente dal  1998 e Piano Particolareggiato del 2005) oppure si pensa di cambiarlo?  Ed a che scopo, in che modo, e con quali criteri? E’ chiaro che qui si rischia di aprire un dibattito infinito, che se è non riportato in un alveo ben definito rischia di aumentare la confusione e bloccare tutto; come è già successo in passato.

In materia urbanistica la questione verte come sempre su quattro aspetti fondamentali: cubatura, destinazioni d’uso, standard, disegno urbano. Il piano De Lucia prevede in sostanza che nell’area (circa 314 Ha) si realizzi un grande parco (190 Ha, circa il 60%  dell’intera area) più servizi pubblici (18% dell’area) con poca edificazione (600.000 mq di SLP, pari ad un indice di 0,60 mc/mq), il tutto motivato dall’esigenza di dare gli standard urbanistici ad un comprensorio urbano che ne è quasi totalmente privo. Lodevole intento, ma criticato da molti perché l’edificabilità troppo esigua non consentirebbe nemmeno la copertura della spesa per le opere di pubblico interesse. E’ vero quel che si dice?  Effettivamente per una  area di trasformazione gli indici usati a Bagnoli sono di gran lunga  i più bassi d’Italia. Per fare un confronto con altri grandi progetti, a Torino Spina 3 l’indice era di 2,1 mc/mq, poi ridotto a 1,8, quasi tre volte tanto. Qui si era all’estremo opposto, la cubatura era francamente eccessiva e difatti il risultato finale è sotto molti aspetti criticabile. Anche se c’era una spiegazione: a Napoli le bonifiche le faceva lo stato, a Torino le facevano i privati (anche se con l’aiuto dello stato). Comunque nella media italiana siamo su indici di 1,2- 1,5 mc/mq, circa il doppio di quelli di Bagnoli. Se si vuole c’è quindi spazio per un incremento della cubatura, ma perché ed entro che limiti? A mio avviso l’unico criterio accettabile potrebbe essere il seguente:  la volumetria consentita (e quindi il valore di cessione delle aree urbanizzate)   deve essere tale da garantire la copertura dei costi di realizzazione degli standard ed opere pubbliche (infrastrutture, parco, colmata a mare, servizi pubblici) senza dover gravare con ulteriori oneri le finanze pubbliche. Questo mi sembra il minimo che si possa richiedere.

Anche sulle destinazioni d’uso ci sarebbe molto da dire. Prevale una concezione normativa rigida, l’opposto della flessibilità che viene ormai richiesta da tutti; ed una visione orientata decisamente verso le esigenze della comunità locale, molto meno sulla domanda del mercato. Ad esempio nella fascia a mare si prevede il recupero dell’arenile ed un piccolo porticciolo a livello locale. La posizione e le valenze paesistiche (promontorio di Posillipo, isola di Nisida) ben si presterebbero ad una valorizzazione di tipo turistico, supportata dai due pontili esistenti. E’ chiaro però che le due visuali confliggono, non sembra possibile una soluzione di compromesso che le contemperi entrambe. E la scelta non sarebbe certo indolore.

Come disegno urbano il piano configura un assetto  centrato su un grande parco attrezzato con servizi di scala urbana, sul quale confluiscono i quartieri contermini, Coroglio, Fuorigrotta, Campi Flegrei, ecc.; completato con il riassetto della fascia a mare. Personalmente non è uno schema che  mi convince, ci potevano essere soluzioni migliori; ma se questa è stata la decisione della città va rispettata. Ma il caso Bagnoli ha ormai assunto un ruolo talmente rilevante anche alla scala nazionale da far pensare che, una volta definiti i presupposti,  il percorso da seguire debba passare attraverso un concorso di livello internazionale.

Come tratta l’art. 33 questo argomento? Il comma 8 dispone che il programma di rigenerazione urbana deve contenere anche le previsioni urbanistico-edilizie (demolizioni, ricostruzioni, nuove edificazioni) comprensive di “eventuali premialità edificatorie”. In una parola può essere in variante agli strumenti urbanistici vigenti. Ed il comune, cosa può fare? Al comma 2 si specifica che va garantita “comunque la partecipazione degli enti territoriali interessati alle determinazioni in materia di governo del territorio”. Il programma viene poi adottato dal commissario previa conferenza di servizi, ed approvato con delibera del consiglio dei ministri e successivo decreto presidenziale. L’approvazione “costituisce altresì variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza ed indifferibilità dei lavori”.  Cosa vuol dire? E’ chiaro che il comune viene esautorato, tanto che visto il temporale che si avvicina ha già cominciato ad alzare barricate, ma la sorte sembra segnata. Si apre così un percorso innovativo che viene puntualmente descritto nell’art. 33; tanto da far pensare di essere stato scritto sotto dettatura da qualcuno che aveva idee ben precise sulle cose da fare.

Le modalità di attuazione

Come si sgrana un rosario, da un problema ne nasce un altro.  Chi sarà, e come sarà scelto il soggetto attuatore? Domanda pertinente, soprattutto perchè lo stato è coinvolto in prima persona in questa faccenda. L’area di Bagnoli era infatti di proprietà Fintecna, società interamente partecipata dal Ministero del Tesoro; poi espropriata dal comune con legge 388/2000, oggetto di ricorso della società proprietaria, indennizzo mai pagato interamente dal comune. Sembra evidente che, anche per chiudere definitivamente il contenzioso in atto, la soluzione più ovvia sia quella del ritorno delle aree al primitivo proprietario, cioè Fintecna. Che a questo punto diventa ipso facto il candidato forte per la scelta del soggetto attuatore. E’ questa la trafila che ci aspetta? Non è che si ravvisi un qualche conflitto d’interessi? Una domanda appassionante, alla quale per il momento non sappiamo rispondere.

Da Il Quotidiano immobiliare del 22/10/2014

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